15-Io non ho una madre

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Bocca serrata, braccia lungo i fianchi e i pugni stretti. I miei occhi stanno continuando a fare su e giù davanti all'immagine di questa donna vestita di tutto punto. Ai piedi ha dei tacchi che io solo al pensiero di indossarli mi sento cadere mentre la sua borsa parla da sè.

So perfettamente chi è, non l'ho mai vista ma non ho alcun dubbio. Purtroppo la somiglianza è assurda.

Quando per un attimo fisso i miei occhi nei suoi mi sento come se mi avessero trafitto nel petto, un nodo alla gola non mi permette di esprimermi a parole e mi sto trattenendo dallo scoppiare in lacrime.
Lei d'altro canto abbozza un sorriso, che non agevola però la situazione.

"Pensavo di trovare Roberto, posso entrare?" per la prima volta nella mia vita sento la voce della donna che mi ha messa al mondo. Chiudo gli occhi di scatto per cercare di immagazzinare questo momento negli scantinati del mio cuore e quando li riapro, torno la stessa di sempre.

"Deve proprio?" la fisso indifferente, dandole del lei.

"Ho lasciato qui alcune cose l'altro giorno e..."

"Venga" la zittisco in modo brusco invitandola ad entrare a casa. Ammetto che mi fa strano, vedere mia madre per la prima volta ed invitarla nella casa dove sono cresciuta come se niente fosse. Ma la cosa che più mi incuriosisce è il motivo per il quale lei è stata qui l'altro giorno.

"Non trovo la borsa, non ho idea di dove l'abbia cacciata Roberto" torna dalla camera nella quale era andata a cercare.

"Non credo che le serva per forza oggi, quella che ha adesso mi sembra più che buona, non è questione di vita o di morte" deduco da sola, ovvia.

"Dammi del tu, ti prego" annuisco solamente dopo aver emesso uno sbuffo di disapprovazione.

"Quando torna dal lavoro?"

"Tardi" non le dico l'orario, altrimenti sarebbe capace di rimanere qui.

"Ti sto proprio tanto sulle palle vero?" afferma con aria sconfitta sul volto.

"Pensa un po', ci hai preso! Ora vai" le indico nuovamente la porta.

"Dammi almeno modo di spiegarti"

"Spiegarmi che cosa di preciso? Come hai usato mio padre per anni? Come ti sei fatta mettere incinta facendogli credere di essere cambiata? Come mi hai tenuta per nove mesi e quando mi hai messa alla luce già ti eri rotta il cazzo di stare con me, con lui? Come hai lasciato soffrire quel cuore d'oro di papà, che ancora adesso ti pensa e si chiede dove ha sbagliato, quando in realtà di sbagliato allora c'eri solo e soltanto tu. Come per ventitré fottuti anni della tua vita sei andata avanti senza voltarti un secondo e chiederti come stava tua figlia, se le mancavi, se invece della tua assenza se ne fregava. Beh sappi che queste cose le so già, non c'è bisogno che mi rinfreschi la memoria" sputo tutto d'un fiato lasciando sul suo viso un'espressione spiazzata, probabilmente dal discorso così lungo pronunciato in così poco tempo.

"Dammi modo di spiegarti, per favore" compie un passo verso di me ed io indietreggio di conseguenza.

"Non mi toccare" allungo una mano come per fermarla.

"Voglio solo parlarti, non pretendo alcun perdono nè contatto, solo un rapporto civile tra madre e figlia" spiega in tono più calmo.

"Io non ho una madre" ammetto seria, senza trasparire nulla se non il disprezzo nei suoi confronti.
La vedo chiudere gli occhi per qualche secondo, come per trattenersi dal dire o fare qualcosa.

"Solo dieci minuti, poi me ne vado" ripete nuovamente una volta riaperti gli occhi. Resto a guardarla per qualche secondo, è una bella donna infondo, non biasimo mio padre se dobbiamo parlare di estetica. Capelli di un colore biondo cenere, ondulati poco sopra le spalle, occhi smeraldo come i miei e un fisico da fare invidia.

Vedendola ancora in attesa di una risposta da parte mia scuoto la testa, lasciando che entri in cucina e che si sieda al tavolo.

"Raccontami un po' di te" dice per prima cosa.

"Non ho niente da dire" porto lo sguardo altrove mangiandomi le labbra per il nervoso.

"Dimmi qualsiasi cosa, anche la più banale" sembra quasi supplicarmi, come se stesse ad un punto di disperazione tale da avere solamente questa opzione.

"Cosa vuoi sapere?" le domando poi io, senza ricambiare il sorriso che si è formato sul suo volto.

"Studi all'università?"

"No, ho finito il liceo e basta" alzo le spalle.

"Vivi da sola?" domanda ed io scuoto la testa.

"Con il mio ragazzo" rimango impassibile pure a nominarlo, mentre lei abbozza nuovamente un sorriso.

"Come si chiama?"

Sono indecisa se dirle la verità oppure mentirle. D'altronde oltre che di lui come persona si tratta anche di un cantante famoso, di certo lo avrà già sentito nominare.

"Niccolò" rispondo poi solamente, sperando non mi faccia altre domande su di lui.

"E da quanto state insieme?"

"Dall'ultimo di liceo" affermo fiera.

"Allora è una cosa seria" sottolinea la durata non comune della mia relazione.

"Certo, non sono come te" colgo la palla al balzo, riuscendo ad ottenere in lei la reazione che volevo. Infatti noto che afferra il telefono dalla borsa e legge l'orario che si è fatto, alzandosi dalla sedia.

"Devo andare" mi avvisa.

"Bene" compio il suo stesso gesto invitandola nel salotto, in modo tale da salutarla per sempre.

Mi guarda negli occhi per un tempo indeterminato, riuscendo a trasmettermi un sentimento dal quale sono all'oscuro, perché non riesco proprio a categorizzarlo. Da parte mia però c'è un odio e un rancore tanto grande da riuscire a mascherare ogni altra sensazione.

"Mi dispiace" dice, ancora girata di spalle,

"Tutto questo casino hai scelto tu di combinarlo" scuoto la testa.

"Lo so" mi da ragione, ed io sospiro nel sentirla ammettere una volta per tutte le sue colpe, che sono infinite.

"Io non volevo lasciarvi così, allora non sapevo a cosa andavo incontro, un bambino mi sembrava un qualcosa di troppo grande e tuo padre si è fidato della donna sbagliata. Non avrei mai dovuto fare quello che ho fatto, ma l'unica cosa di cui sono orgogliosa è di aver messo al mondo una donna forte come te. Il mio solo rimpianto è non averti vista crescere come avrei dovuto, e giuro che se potessi tornare indietro..."

"Ma non si può" la zittisco con le lacrime agli occhi, riuscendo a scorgere la stessa mia situazione anche nei suoi.

"Quel che è fatto è fatto, non si può tornare indietro" chiudo gli occhi per un secondo di troppo.

"Io non commetterò lo stesso tuo errore, non farò la cazzata di farmi scivolare il mondo tra le mani. Perché so bene cosa significa vivere con un vuoto colmabile solo dall'unica cosa che non potrai mai avere, e non lascerò che mio figlio cresca così" riesco a farle intendere la mia situazione nel momento in cui poggio una mano sulla mia pancia, vedendo una strana scintilla nei suoi occhi che però sono ormai spenti.

"S-se vuoi potremmo sentirci, quando vuoi tu" cerca di cogliere al volo l'occasione della mia fragilità d'animo adesso.

"Non voglio più vederti" sussurro con la voce rotta. La guardo un'ultima volta negli occhi, per poi vedere sparire anche quel lieve sorriso che rimaneva.

"Ok" accetta la mia decisione, lasciandomi finalmente sola tra queste mura.

SPAZIO AUTRICE
Questo capitolo fa pena ma non potevo lasciare l'ansia

Restami Vicino||ultimoWhere stories live. Discover now