sixteen

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[MSK — Yellowcard]

Il contatto che si è creato tra me ed Harry attraverso i nostri sguardi è una cosa che riesce a stupirmi ancora. Ogni singola volta.

Le nostre mani sono strette l'una all'altra, ma nessuno dei due sembra farci caso: è come se fossimo estraniati da quella situazione, come se ci fossimo soltanto io e lui legati dal contatto tra le nostre mani.

«Harry.» A rompere la nostra fragile bolla è la sottile e dolce voce del bambino accanto a lui, che cerca di richiamare la sua attenzione tirando lievemente un lembo della maglia che indossa. Harry distoglie lo sguardo dal mio lentamente e poi si abbassa sulle ginocchia.

«Cosa c'è?» gli domanda passando dolcemente una mano tra i capelli biondi del bambino.

«Giochiamo ancora?» La sua voce è incredibilmente tenera, e quando si volta nella mia direzione resto incantata dal colore dei suoi occhi: azzurri come un cielo terso d'estate.

«Certo. Andiamo.» Gli risponde Harry e prende la sua piccola mano.

«Chi è lei?» Continua il bambino. Tende il suo dito nella mia direzione per indicarmi.

Harry riporta il suo sguardo su di me, e prima che possa dire o fare qualcosa mi abbasso sulle ginocchia.

«Sono Ariel,» gli sorrido. «Qual è il tuo nome?»

«Andrew.» Dice, sicuro e fiero mentre lo pronuncia.

«È un piacere conoscerti, Andrew» replico, e questa volta ottengo un sorriso anche da parte sua.

«Harry, può venire anche Ariel a giocare con noi?»

Resto sorpresa dalla sua richiesta; mi sollevo e guardo Harry, non sapendo cosa fare o dire. Anche stavolta, però, prima che possa rispondere, è qualcun altro a farlo per lui.

«Puoi andare, se vuoi.» È mio padre a parlare. Mi volto verso di lui. «Sei sicuro? Sono venuta qui per stare con te.»

Annuisce e mi sorride, così rivolgo la mia attenzione a Harry, perché non ha ancora detto una parola.

«Per te va bene, Harry?»

«Per favore, per favore Harry» cantilena Andrew muovendo la piccola mano stretta ancora in quella di lui.

«Sì, va bene.» Il bambino dai capelli dorati sorride ampiamente trascinando anche me, Harry e mio padre.

«Ci vediamo dopo allora» dico a mio padre, che mi saluta con un cenno per poi tornare nella stanza dove eravamo insieme prima che Harry ed Andrew arrivassero.

Percorriamo il reparto e poi scendiamo al piano inferiore; Harry entra in ogni stanza. Tutti i bambini sembrano illuminarsi quando precipita nelle loro camere, pronto a portarli con sè, quasi come Peter faceva con i bambini sperduti. Ogni volto è contornato da un sorriso sincero e limpido, e non avrei mai immaginato che Harry potesse rivelarsi essere il volontario di cui mio padre non faceva altro che parlare.

Dopo essere passati in una decina di camere diverse siamo completamente circondati da bambini che ci seguono fino alla fine del reparto, in una sala dalle pareti colorate.

Una bambina è sulle spalle di Harry, mentre Andrew è sempre al suo fianco. Non gli ha lasciato la mano neanche per un istante.

«Posso darti la mano?» Sento una piccola voce e sposto il mio sguardo dal corpo di Harry portandolo su quello della bambina che mi sta chiamando. Ha la sua mano tesa verso di me: non posso fare a meno di sorriderle ed afferrarla.

«Certo, piccola.»

Molti dei bambini domandano chi io sia, ma è Harry a rispondere ad ognuno dal centro della sala.

𝐅𝐈𝐗 𝐀 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓 [𝐇𝐀𝐑𝐑𝐘 𝐒𝐓𝐘𝐋𝐄𝐒 𝐀𝐔]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora