𝐨𝐧𝐞

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[I'm a mess — Ed Sheeran]

L' Inghilterra era uno dei sogni di mia madre, ma prometterle che un giorno ci sarei andata con lei non è bastato perché si avverasse. Lo ripeteva in continuazione, anche alla fine. Lei sapeva che non l'avrebbe fatto, che non ci sarebbe mai più riuscita, eppure ci ha sperato comunque fino alla fine.

L'aereo atterra sull'asfalto di Londra, e io non riesco a fare a meno di pensare ancora al fatto che questo non è il modo in cui mi aspettavo di farlo. Il problema è che quel modo adesso non esiste più.

Il piccolo ciondolo che ricade sul mio petto lo tengo stretto tra le dita mentre la voce dell'hostess risuona attraverso gli altoparlanti e le persone iniziano ad alzarsi. Libero il mio corpo dalla cintura di sicurezza e tocco il braccio di mio padre per svegliarlo; nel momento in cui apre gli occhi e si rende conto che siamo ormai gli unici ad essere ancora al nostro posto mi domanda per quale motivo non l'abbia avvertito prima.

«Dormivo anch'io» mento, ma lui probabilmente non se ne rende conto.

«Non preoccuparti» dice. «Recuperiamo tutto e andiamo.»

Ripongo il libro che stavo leggendo nella borsa prima di alzarmi e seguirlo lungo il corridoio per poter scendere dall'aereo. Cammino al suo fianco, e quando raggiungiamo l'ingresso dell'aeroporto ho bisogno di fermarmi. Decine — forse migliaia — di persone corrono, si affrettano e si travolgono, scusandosi senza neanche voltarsi indietro.

Entriamo e andiamo verso l'area in cui possiamo recuperare i nostri bagagli. Il nastro trasportare davanti a noi si muove in modo circolare; dopo pochi minuti mio padre ha la sua valigia tra le mani, mentre io prendo quella che, osservando da lontano, credevo fosse la mia.

«C'è qualcosa che non va?» mi domanda mio padre. Mi passo una mano tra i capelli, l'altra invece tiene saldamente il bagaglio ai miei piedi.

«Non è mia questa.»

«Ne sei sicura?»

Annuisco. «Credo di sì, questa è quasi come se fosse vuota all'interno.»

«Controlla i dati» mi suggerisce, e quando lo faccio ho l'ulteriore conferma che questa valigia non sia la mia. Ci sono incise sopra soltanto due iniziali, niente di più. Mi chiedo a chi possa appartenere, e dove sia invece finita la mia.

Io e mio padre segnaliamo la perdita o un possibile scambio avvenuto, e la donna dai capelli biondi raccolti debolmente con cui parliamo mi ricorda mia madre. Lei non era bionda, ma questa donna ha qualcosa che mi riporta a lei, anche se non so dire esattamente cosa e anche se negli ultimi mesi non ho fatto altro che ritrovare il suo volto in qualsiasi altro.

Ci chiede le informazioni del nostro volo e i nostri documenti con un cordiale sorriso che si apre sul suo volto.

«C'è stato uno scambio» dice poi. «Abbiamo ricevuto un'altra segnalazione un'ora fa e sembrano combaciare.»

La donna ci chiede di attendere l'arrivo della persona che ha preso la mia valigia e a farlo sono da sola, perché mio padre è andato a chiedere informazioni riguardo come poter raggiungere Nottingham. Guardo ancora una volta le due lettere incise sulla targhetta e le traccio con le dita.

H.S.

Mentre penso a cosa possano rappresentare sento una voce richiamarmi, facendo eco nella mia testa.

«Ehi, grazie per aver badato alla mia valigia. Mi dispiace per quello che è successo.» Si tratta di una voce maschile che non ho mai sentito prima, e diventa sempre più chiara mentre si avvicina. Alzo lo sguardo per vedere a chi appartenga e, nel momento in cui me ne rendo conto, il ragazzo è già davanti a me.

Una camicia a scacchi è quasi completamente aperta sul suo torace, lasciando intravedere la maglia bianca che indossa al di sotto. La giacca di pelle nera cade sulle sue spalle, mentre un paio di pantaloni neri spostano la mia attenzione sugli stivali consumati stretti intorno alle caviglie. Alcune ciocche di capelli gli ricadono sulla fronte e dietro il collo, e lineamenti decisi incorniciano il suo volto.

Quello che però mi colpisce maggiormente, ciò che mi scuote completamente riportando a galla una sensazione che credevo non avrei più sentito, sono i suoi occhi: verdi, vivi.

Incrocia il mio sguardo e lo incatena al suo, indugiando come se cercasse qualcosa e volesse andare oltre le apparenze.

«Non preoccuparti» gli rispondo. «Non è stata colpa tua.»

Accenna un sorriso sul volto e io distolgo lo sguardo, perché sono stanca, perché nonostante tutto anche adesso non riesco a fare a meno di pensare a Jake per riuscire a guardare qualcuno che non sia lui in questo modo, anche se si tratta di una persona che probabilmente non rivedrò più.

Interrompo il suo modo di guardarmi chiedendogli cosa significhino le due iniziali.

«Sei tu?»

Lui sorride ancora, prima di abbassare lo sguardo per un istante e poi rispondermi. «Sì, sono io.»

«Qual è il tuo nome?» mi domanda, ma non faccio in tempo a rispondergli perché veniamo interrotti da una ragazza che sta correndo rapidamente verso di lui.

«Harry» lo chiama, poi sposta lo sguardo sulle nostre valigie. «L'hai trovata!»

Lei è al suo fianco, e dal modo in cui lo guarda credo che stiano insieme. Anche i suoi occhi sono chiari, forse sono verdi, ma non sono come quelli di Harry. Harry.

«Sì, l'ho trovata» le risponde, ma il suo sguardo è fisso su di me. Alla fine mi indica. «C'è stato uno scambio con la sua.»

La ragazza annuisce, poi si rivolge nuovamente a lui. Harry non smette di osservarmi fino a quando lei non gli stringe il braccio. «Adesso dobbiamo davvero andare.»

«Sì» inizia, scuotendo piano la testa, «hai ragione.»

Velocemente riprende la sua valigia e mi avvicina la mia; la ragazza si allontana dopo avermi rivolto un sorriso e un saluto veloce con la mano. Harry in un primo momento sembra in procinto di seguirla, poi però si volta ancora una volta verso di me.

«Non mi hai ancora risposto» mi fa notare. Impiego qualche istante per capire a cosa si stia riferendo, ma ben presto un debole sorriso prende forma sulle mie labbra.

«Ariel.»

Sorride anche lui e si sporge verso di me. «Ciao, Ariel» sussurra allora prima di sparire tra la folla.

𝐅𝐈𝐗 𝐀 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓 [𝐇𝐀𝐑𝐑𝐘 𝐒𝐓𝐘𝐋𝐄𝐒 𝐀𝐔]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora