33. Perdere la testa (parte uno)

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Lunedì 31 dicembre 2018
21:00

Il tempo trascorse in un batter d'occhio e quasi senza accorgercene, fummo spediti all'ultimo giorno dell'anno senza passare dal via, come se la vita di ognuno di noi non fosse altro che un enorme gioco da tavolo in cui ci si divertiva se si vinceva e ci si disperava se si perdeva.

Benché la questione di cui avevo discusso con Fiamma la vigilia di Natale, non fosse del tutto chiusa, ma uno spiraglio lasciava trapelare dubbi e incertezze, per il momento, avevamo convenuto di accantonarla e goderci insieme la notte di Capodanno.

Alessandro Mancini, ragazzo di quinto e noto benestante del quartiere Parioli, aveva organizzato una grande festa nella sua sfarzosa e gigantesca villa, uno di quei party in cui ci sarebbero stati fiumi di alcol, montagne di cibo, musica ad un volume talmente alto da far scoppiare i timpani e, perché no, borse stracolme d'erba.

Aveva inoltrato l'invito a tutte le classi del triennio, dunque io, del quarto anno, avevo deciso di andarci con Fiamma e di vivere -con molta probabilità- il Capodanno più stravagante e spumeggiante della mia vita.

Quella sera, nessuna delle due era vestita in modo troppo elegante, sapendo che, quasi sicuramente di lì a poco, la situazione in quella mega villa sarebbe degenerata, scatenando un universo infernale e caotico.

Ma era così che avremmo accolto il nuovo anno: con puro fervore.

Io indossavo una camicetta rosa antico di raso, che avevo acquistato proprio per quell'occasione; un paio di jeans neri a sigaretta e stivaletti abbinati con tacco.

Fiamma invece, portava un top argentato, che le lasciava scoperta la pancia ed era interamente ricoperto di brillantini che danzavano e luccicavano ad ogni sua minima mossa; i pantaloni a palazzo le ricadevano leggiadri sulle gambe, svolazzando di tanto in tanto e un paio di scarpe simili alle mie, le sbucavano da sotto.

Era sempre incantevole.

Dopo aver preso un taxi e aver raggiunto l'indirizzo di Manci, -così lo chiamavano tutti- io e Fiamma ci ritrovammo di fronte un enorme dimora a più piani, circondata da un ampio giardino ben curato e compreso di piscina.

Seguì la nostra reazione a bocca spalancata, se possibile, più dei cancelli che delimitavano quel meraviglioso gioiello immerso nel verde.

La facciata esterna della villa era di un grigio tortora raffinato, che esprimeva assoluta serietà, senza dubbio in contrasto con i festeggiamenti al suo interno.

Mano nella mano, io e la bruna attraversammo il viale ciottolato che sbucava in mezzo ad un prato umido di brina e varcammo la soglia di quell'abitazione, dove il nostro compagno ci diede il benvenuto:

«Prego, bellezze. Accomodatevi, servitevi e soprattutto divertitevi» disse con voce suadente ed un sorriso lascivo sul volto, nonché con in mano un bicchiere di plastica rosso, senza dubbio contenente alcol.

La sua camicia bianca era già spiegazzata e sbottonata fino a metà busto, mettendo in evidenza pettorali e addominali scolpiti in maniera divina.

Se non fosse stato per la faccia da perfetto cretino che si ritrovava, sarebbe stato anche un bel ragazzo.

Non ci feci caso più di tanto comunque: avevo l'onore di essere accompagnata dalla ragazza che desideravo, non mi importava altro.

Non giocare con il fuoco Место, где живут истории. Откройте их для себя