30. Non farci caso

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Mercoledì 12 dicembre 2018
8:03

Le persone hanno la brutta abitudine di impicciarsi di continuo nei fatti altrui e saper solo giudicare indipendentemente dalla situazione.

E se ti capita di fare qualcosa di inconsueto in pubblico, le loro occhiatacce, le percepisci corroderti la pelle, come in effetti successe quel giorno a me e Fiamma.

Poco dopo il suono della campana, oltrepassammo la soglia dell'entrata dell'Artemidis, mano nella mano.

Gran parte degli studenti prese a squadrarci con disappunto, come se avessimo appena ucciso qualcuno e stessimo attraversando la scuola imbrattate di sangue.

Ma quegli sguardi, al contrario di ciò che ci si poteva immaginare, furono come degli incentivi per noi e più ragazzi ci fissavano, più io e Fiamma camminavamo a testa alta e senza vergogna.

Altri invece, cominciarono a parlare sottovoce con chiunque trovassero al loro fianco, indicandoci con un cenno della testa, spettegolando e ridacchiando di tanto in tanto.

Percorremmo il corridoio fingendo di vivere nel nostro involucro idealizzato, ignorando i comportamenti davvero poco maturi di quella gente.

Una volta di fronte l'armadietto della bruna, ci fermammo. Purtroppo nessuna delle nostre lezioni della giornata, coincideva, per cui dovevamo separarci e raggiungere due classi diverse.

Fiamma si posizionò davanti a me, avvicinandosi più del dovuto, facendo aderire il suo corpo al mio.

«Non farci caso» mi sussurrò all'orecchio, riferendosi alle occhiate storte di tutti.

«Cosa ti fa pensare che me ne importi qualcosa?» le domandai, afferrandole anche l'altra mano e intrecciandola alla mia.

«Ti conosco. Il giudizio degli altri è il tuo punto debole.»

«Tu sei il mio punto debole, adesso» ammisi senza esitazione.

E lei non resistette: si chinò su di me e mi scoccò un tenero bacio sulle labbra.

Quando si allontanò da me, rimasi profondamente insoddisfatta, non riuscendo più ad accontentarmi di un bacio a stampo e desiderando di più.

«Ci vediamo a ricreazione?» mi chiese, poco prima di lasciarmi andare entrambe le mani.

«Certo, a dopo» la salutai, sorridendole e mi allontanai in direzione del mio armadietto, qualche metro più distante dal suo, per recuperare il libro di storia.

La mia giornata scolastica poteva iniziare meglio.

E fui certa di quella riflessione personale, quando un viso serio ed incorniciato da boccoli perfetti, mi apparve accanto, cogliendomi di sorpresa.

«Quindi è vero?» la voce inconfondibile di Eva formulò quella domanda con un tono quasi affranto.

Saltare i convenevoli per andare dritta al dunque, non era affatto gradevole, visto che dopo la nostra ultima discussione, mi aveva spudoratamente ignorata per chissà quale stupida ragione, fino ad ora.

«Cosa?» le domandai, come se non avessi capito alla perfezione dove volesse andare a parare.

«Tu e Fiamma... state insieme?»

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