11. Piccoletta

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Giovedì 4 ottobre, 2018
8:30

Quando hai accanto delle persone con le quali condividere le tue preoccupazioni, i tuoi dubbi, i tuoi dolori, ma anche le tue gioie, allora diventa tutto più semplice.

Per tutta la vita, non avevo fatto altro che logorarmi l'anima con quelle parole non dette, le frasi lasciate a metà e i pensieri non espressi, fino ad abituarmici.

Ma spezzare quel loop era stato liberatorio: avevo finalmente raccontato ad Adam e in seguito agli altri, ciò che era successo, tralasciando però la mia ipotesi secondo la quale, quella ragazza potesse essere proprio Fiamma.

In realtà, sapevo che loro conoscevano molto bene la sua identità e che dunque avrei potuto ricavare quell'informazione, senza problemi e soprattutto in un tempo breve; ma preferivo eludere il discorso, ricordando che ai loro occhi, la mia non era più una semplice curiosità, piuttosto una vera e propria ossessione e non volevo confermarlo, non dopo gli espliciti avvertimenti di stare lontana da lei.

Ormai avevo deciso di omettere quel dettaglio in presenza di quei quattro ragazzi: sarei andata senza dubbio più a fondo in quella faccenda, ma l'avrei fatto da sola.

Comunque, al momento non aveva importanza, perché ciò che contava di più era stata la reazione di Adam e gli altri al sentire il mio racconto.

Mi avevano ascoltata con interesse e pazienza, mentre tiravo fuori a fatica le parole dalla mia bocca, confessandogli quanto era successo.

Manuel e Greta erano rimasti sbalorditi quando la notizia che una ragazza all'interno della scuola spacciava marijuana, gli era giunta alle orecchie.

Avevano borbottato tra di loro qualcosa sul dover far intervenire i carabinieri per dei controlli antidroga.

Eva, invece, aveva sgranato gli occhi e aperto la bocca, visibilmente sconcertata. Poi però aveva compreso cosa mi aveva traumatizzato di più: la meschinità di quei tizi e le loro tremende minacce.

Allora mi aveva abbracciato, tranquillizzandomi e facendomi promettere di stare lontano da guai.

Dopo, era stato il turno di Adam che mi aveva sussurrato parole dolci e confortanti all'orecchio. Lui aveva saputo prima di loro, gli eventi del martedì precedente e dopo avermi rassicurato che sarebbe stato sempre al fianco e che non avrebbe permesso a nessuno di farmi del male, mi aveva baciato sigillando quella promessa.

Ognuno a modo suo, era riuscito a placare il mio animo, lasciandomi ancora una volta, stupita dai loro "metodi curativi".

Quando mi resi conto di essermi distratta troppo a lungo dalla lezione, mi concentrai sulla letteratura inglese ma senza successo.

Mi scoppiava già la testa ed ero in classe solo da mezz'ora che, però, a me era sembrata infinita, così come la mia ostilità verso l'inglese.

Sospirai guardando l'orologio e notando che erano passati solo tre minuti dall'ultima volta che avevo controllato.

Mi mossi sulla sedia irritata, cambiando più volte posizione, accavallando le gambe sotto il banco e poggiando di nuovo entrambi i piedi sul pavimento, il secondo successivo.

Quando percepii il sangue ribollirmi nelle vene, infastidendo tutto il mio corpo, decisi di non poter sopportare di rimanere un altro minuto di più in quell'angusta aula.

Non giocare con il fuoco Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu