17. Frammenti del passato (parte uno)

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Lunedì 22 ottobre 2018
13:00

Tre giorni.
Avevo trascorso gli ultimi tre giorni a colpevolizzarmi per ciò che era successo con Adam. La mia camera era stata il mio rifugio e l'avevo abbandonata solo per mangiare e andare in bagno. Mia madre era entrata solo poche volte per vedere come stavo mentre mi fingevo malata.

Non ero mai stata io, a causare dolore agli altri. Ecco perché mi ero ritrovata immersa in un mare di sofferenza, forse più profonda di quella che le persone infliggevano a me.
Perché del resto, io non contavo. Il mio benessere era sottovalutato. Facevo molta più attenzione a quello della gente: mi faceva stare meglio.

Ma quella mattina, dopo essermi alzata dal letto, mi dissi che dovevo riprendermi; che dentro di me non c'era più spazio per l'auto colpevolezza e che Adam sarebbe andato avanti facilmente perché, per fortuna, il nostro legame non era così intenso.

E la dimostrazione si trovava giusto a una ventina di metri da me, nel lungo corridoio della scuola.

Durante il cambio dell'ora, notai in lontananza Adam intento a parlare con una ragazza. Una parte di me si sentii sollevata nel constatare che le mie parole di pochi giorni fa non avevano sortito su di lui un effetto devastante. Ma l'altra parte si chiedeva se lui fosse davvero un ragazzo diverso dal momento che non aveva perso tempo a trovarsi un'altra.

Non erano più miei problemi.

Infatti avrei lasciato perdere se solo non mi fossi accorta che quella ragazza era Fiamma.

Sbattei le palpebre diverse volte per accertarmi che il mio cervello non mi stesse giocando un brutto scherzo. Adam e Fiamma? Ma davvero? Cavolo, non potevo crederci. Con tutte le ragazze dell'istituto, lui stava parlando proprio con lei? E poi perché lei aveva lasciato che Adam la avvicinasse e le rivolgesse la parola?

Non era il tipo che parlava con gli altri. Men che meno con degli sconosciuti. Era del tutto assurdo! Impensabile, inimmaginabile e impossibile. Avevo i nervi a fior di pelle e i miei piedi cominciarono a muoversi da soli nella loro direzione.

Sì. Gliene avrei dette quattro. Avrei sbottato davanti a tutti e non mi interessava un bel niente.

Erano così vicini e parlavano indisturbati, persi in chissà quale discorso del cazzo. Ma erano entrambi molto seri. Nessun sorriso accendeva i loro volti, come sarebbe successo nel caso in cui stessero flirtando e questo dettaglio mi fece tentennare per mezzo secondo. Non abbastanza perché tornassi indietro. E comunque il mio passo svelto e arrabbiato non me lo avrebbe di certo permesso.

Non si accorsero della mia imminente vicinanza fin quando non irruppi in mezzo a loro, separandoli violentemente.

«Che cazzo ci fate voi due insieme?» sbraitai. Ero davvero furiosa. O forse provavo una tremenda gelosia per Fiamma. La desideravo e non volevo che nessun altro a parte me interagisse con lei.

Molti studenti si voltarono nelle nostra direzione, ma mi imposi di non farci caso. Mi concentrai sui loro visi confusi e sconvolti.

Ecco la reazione che volevo.

«Arianna, non è come pensi» esordì Adam.

Non riuscii a trattenere una risata amara. Avevo visto centinaia di film in cui la giustificazione al tradimento consisteva in quella maledetta frase. Okay, nel mio caso non si trattava di tradimento ma era comunque un'espressione troppo scontata.

Non giocare con il fuoco Where stories live. Discover now