3. Averne bisogno

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Mercoledì, 10:50

Non sapevo se ritenermi fortunata per la rapidità con cui erano trascorse l'ora di arte e la successiva di storia, considerando che implicavano l'imminente e improrogabile arrivo della pausa ricreativa.

Circostanza in cui non dovevo rimanere isolata in classe, le cui quatto mura, in quel momento, rappresentavano per me un perfetto nascondiglio dai pericoli esterni e sconosciuti.

Ciò che invece dovevo fare era dimostrare a me stessa audacia, varcare quella soglia e dirigermi verso nuove potenziali conoscenze, entrando in contatto con il fantastico mondo dei miei coetanei.

L'idea avrebbe entusiasmato chiunque. Di certo non me.

Sarebbero stati venti interminabili minuti di pura apprensione iniettata in vena.

Scossi la testa per rimuovere i miei abituali pensieri negativi: respira, Arianna. Non verrai mica sbranata da comuni adolescenti mortali.

E così, mi ritrovai a ringraziare mentalmente la saggezza della mia coscienza per quell'incentivo, poco prima di alzarmi e lasciare l'aula, avviandomi nel cortile esterno.

Lì si era radunata una calca di giovani studenti, che scambiavano chiacchiere, condividevano novità, lasciandosi sfuggire qualche allegra risata e gustavano il loro spuntino godendosi l'aria ancora estiva d'inizio settembre.

Spettava anche a me una buona dose di relax dopo le prime tre ore di lezione, dunque mi bastava trovare un angolino in disparte e lontano dal vocio generale.

Okay, magari non proprio del tutto solitario: ero uscita in cortile per confondermi con quella gente e dare l'impressione di una normale diciassettenne, non di un'asociale con problemi d'ansia.

Mentre camminavo verso il bordo libero di un'aiuola appena avvistata, una voce richiamò la mia attenzione e pur non sapendo se fosse realmente rivolta a me, mi voltai in quella direzione.

«Ehi!» La chioma ondulata di Eva svolazzò intorno al suo viso, mentre con una spinta delle braccia saltava giù da un muretto.

Accanto a lei due ragazzi e un'altra ragazza, puntarono i loro sguardi su di me, esaminandomi con curiosità.

La sorpresa iniziale fu subito sostituita dall'imbarazzo: mi colse con un'ondata di calore intenso che si estese dalla base del mio collo fino al volto, arrossandone l'intera porzione di pelle.

Era proprio una delle situazioni "pericolose" che avrei senza dubbio evitato, se mi fossi confinata in classe.

Espirai profondamente. Ero decisa a scacciare la timidezza e il senso di inadeguatezza che mi appesantivano il cuore, lo stomaco e i polmoni fino a smorzarmi quasi il respiro e, dopo averci provato ed esserci in parte riuscita, raggiunsi il quartetto di osservatori seriali, i quali non mi avevano ancora tolto gli occhi di dosso.

«Ciao!» rivolsi un saluto generale, accennando un lieve sorriso.

Eva si affrettò a presentarmi. «Ragazzi, lei è Arianna, è nuova e frequenta il quarto anno.»

L'aggettivo che mi aveva appena affibbiato, ne ero sicura, avrebbe accompagnato il mio nome almeno per i prossimi due mesi. Poi riprese, parlando con me:

«Loro sono i miei amici: Greta, Manuel e Adam» affermò indicandoli da sinistra verso destra.

A quel punto ognuno di loro mi porse la mano con fare educato, che io fui ben felice di stringere. Poco dopo cercai di soffermarmi su ciascuno di essi, squadrandoli come avevano fatto in precedenza con me.

Greta era sembrata davvero entusiasta di conoscermi a giudicare dalla vigorosa stretta di mano. I suoi tratti corporali si differivano parecchio dai miei o da quelli di Eva: al suo confronto noi potevamo sembrare le sue figlie, essendo piccole e di media statura.

Non giocare con il fuoco Where stories live. Discover now