7. Non con me

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Venerdì 28 settembre, 2018
10:35

«Non è così signorina De Santis?»

Mi sentii richiamare dalla voce squillante della professoressa e all'improvviso la mia mente si catapultò di nuovo in classe, sulla lezione di scienze umane.

Sbattei le palpebre un paio di volte.
«C-cosa?» balbettai. «No, mi scusi, è che...»

Cercai il più in fretta possibile una scusa adatta per la mia ennesima distrazione.

«Non mi sento tanto bene» mentii a bassa voce, toccandomi la fronte con una mano.

«Be' potevi anche startene a casa se non ti sentivi bene piuttosto che stare lì seduta a contemplare l'aula dimenticandoti di stare attenta alla lezione!» sputò acida e senza ritegno la professoressa.

Non avrebbe avuto tutti i torti se soltanto io fossi stata male davvero. La verità era che negli ultimi giorni non riuscivo a togliermi dalla mente ciò che era successo; così la sensazione di turbamento non faceva altro che aumentare, distraendomi da qualsiasi altra cosa, persino da Adam. 

In ogni caso, il tono provocatorio della prof non mi fu affatto di aiuto, ma ripetei più volte a me stessa di mantenere la calma e non rispondere alle istigazioni.

«Mi dispiace, cercherò di stare più attenta» mi scusai, almeno per apparire educata.

«Continuiamo» mi liquidò lei, rivolgendomi un ultimo sguardo cinico.

Prestai attenzione alla sua spiegazione dell'apparato respiratorio per circa cinque minuti, prima che pronunciasse le parole "minacce esterne" riferendosi a qualcosa che poteva provocare danni ai polmoni.

A quel punto mi si rizzarono i peli sulla nuca e rabbrividii di colpo.

Mi lasciai trasportare di nuovo dai miei pensieri e dalla raccapricciante scena a cui non avevo potuto sfuggire martedì.

11:03
Anche quel giorno, il momento della pausa di socializzazione era giunto in fretta, ma la mia mente, al contrario, non aveva proprio nessuna intenzione di mettere a tacere i pensieri, rumorosi come non mai.

Mi trovavo insieme ai ragazzi seduta sul solito muretto in cortile e mi ero distratta ad osservare delle minuscole crepe sul pavimento cementato.

Le voci indistinte del corpo studentesco per lo più riunito all'esterno, si trasformarono in men che non si dica in fastidiosi schiamazzi, che, mischiati alla mia già esistente confusione intellettiva, non mi aiutarono di certo a rimanere concentrata sulla conversazione dei ragazzi.

«Arianna, allora?» Eva mi richiamò, facendomi sobbalzare.

«Cosa?» feci in risposta, immaginandomi di essermi persa più di un passaggio del loro discorso e sentendomi in colpa per questo.

«Ti ho chiesto se potessi farmi compagnia a prendere qualcosa alle macchinette» rispose lei, alzando gli occhi al cielo e in quel gesto così spontaneo, lessi una punta di fastidio.

Chissà quante volte doveva avermelo ripetuto.

Io però, fui capace di distogliere nuovamente l'attenzione da lei, guardando un punto del cortile oltre il suo viso.

Non giocare con il fuoco Where stories live. Discover now