L'incantatrice di Serpenti

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Le sole vere pupille,
sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
[Eugenio Montale]

"Cosa significa che te ne vai?" Gridò Alice Cooper, con le parole che le si bloccavano in gola.

"Non vedevi l'ora che arrivasse questo momento, eh, Zia?"

"Ma che diavolo stai dicendo?! Quei Serpents ti stanno facendo il lavaggio del cervello..."

"Come ti pare... In ogni caso è sempre meglio che continuare a farmi prendere in giro da te..."

Alice rimase in silenzio, cercando di trattenere le lacrime che si stavano iniziando a formare nei suoi occhi spenti. Era stanca, non dormiva da giorni: andava avanti a suon di caffè e aspirine. Nonostante i solchi violacei sotto agli occhi, e il colorito meno vivo del solito, il suo aspetto continuava a dare un'impressione di bellezza, ma di una bellezza sciupata, sfiorita, quasi scomposta.

"Liria, ti prego, pensaci bene. Capisco che tu sia arrabbiata, hai tutto il diritto di esserlo, ma pensaci bene... So che non vedi l'ora di vendicarti, di farmela pagare, ma questo non è il modo giusto!"

"Credi che mi importi qualcosa dei tuoi patetici discorsi strappalacrime? Credi che ti ascolterò per pietà?" Liria accennò una risata amara. "Lasciatelo dire, sei davvero una povera illusa... Tornatene pure a recitare la parte della perfetta donna in carriera. Io me ne vado..."

La ragazza uscì dall'abitazione, sbattendosi alle spalle la porta che dava ingresso all'interno della casa. Un ultimo sguardo a quei muri bianchi, a quella porta rossa, alla finestra della camera che per un po' era stata sua. Un ultimo sguardo al volto di sua zia, che impotente stava sull'uscio, immobile, logorata dalla vergogna.

"Tua madre non avrebbe voluto tutto questo" dicevano i suoi occhi.

"Mia madre è morta per tutto questo" rispondevano quelli della mora.

Era pomeriggio inoltrato, ormai. Liria camminava per le strade di Riverdale, senza una meta precisa, senza una destinazione che potesse essere diversa dal completo ignoto. Immersa nei suoi pensieri, tanto che avrebbe potuto annegarci. Rifletté su ciò che aveva appena fatto. Era stata la scelta più giusta? Forse no, ma in quel momento le parve l'unica possibile.

Rimpianti? Neanche l'ombra, e questo le faceva male. Non provare niente, non sentire nessuna emozione bussare alla porta del suo cuore la intimidiva terribilmente. Perché in quei momenti il sottile margine che la divideva dai veri criminali del Bronx, scompariva. Scompariva la differenza tra lei e le persone che più odiava al mondo, tra lei e il sistema. Tra lei e gli Scorpions. Troppo sangue freddo per una situazione come quella, troppa saldezza di nervi. Non era normale, lei stessa continuava a ripeterselo, era disumano! Era mostruosamente impassibile, imperturbabile, apatica. Spaventosamente passiva, insensibile, indifferente. Si sentiva come una foglia d'autunno: completamente inerme, cimentata nella snervante attesa che si levi il vento, per poter finalmente accasciarsi al suolo, una volta per tutte.

Fu il suono assordante di un clacson a riportarla alla realtà. Talmente presa dai suoi pensieri, non si rese subito conto di trovarsi in mezzo alla strada. Vide un' auto grigia venirle addosso a gran velocità, strinse gli occhi più forte che poteva. Quando li riaprì era per terra, con un dolore lancinante alla spalla sinistra. Ci mise qualche secondo a capire ciò che era successo. Per non prenderla in pieno la vettura aveva sterzato di colpo, colpendola però al braccio con lo specchietto, ormai in mille pezzi sull'asfalto.

"Cazzo, Liria!" Dall'auto scese una figura piuttosto nota. "Avrei potuto ucciderti! Che diavolo ti passa per la testa?!"

"Scusa, Liam, io..." La Anderson diede uno sguardo ai cocci di vetro sparsi sull'asfalto. "Mi dispiace per lo specchietto..."

Rebel [Jughead Jones]Where stories live. Discover now