Prologo

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La mia vita era sempre stata una combinazione di stabilità e monotonia. Ero come intrappolata in una spirale di normalità, violata solo poche volte da momenti di squilibrio.

Non avrei mai pensato che sarebbe stata sconvolta da un paio di occhi color ambra, le cui pupille in questo momento sono dilatate e scintillano alla luce fioca di un accendino.

La casa in cui mi trovo è così familiare ormai ma allo stesso tempo mi appare completamente estranea in questo stato: è avvolta dal buio tranne che per quella piccola fiammella accesa.

I mobili del soggiorno, sempre immacolati benché ricoperti da uno strato di polvere, adesso sono mezzi distrutti, così come vari oggetti che in precedenza sono stati scagliati contro il muro.

Nell'abitazione era solita aleggiare una puzza di fumo di sigaretta e di erba, invece in questo istante un fetore disgustoso e forte di alcol -più precisamente riesco a distinguere, rum- infesta l'intera sala. Mi rendo conto di preferire quel tanfo di fumo, al quale mi ero già abituata, anziché quello dell'alcol.

Anche perché immagino alla perfezione quali danni sta per causare quel liquido sparso sui mobili e sul divano, a contatto con la fiammella che tiene accesa lei.

La fonte di tutti i miei problemi, la ragazza che mi sta di fronte e che fissa in trance il bagliore dell'accendino.

Da più di dieci minuti è immobile immersa nell'estasi più totale e io non so più come farla rinsavire. I capelli sono legati in una coda di cavallo bassa e disordinata, come la porta sempre: ormai lo considero il suo tratto distintivo, ma più la osservo, più non mi sembra lei in quelle condizioni.

È come se fosse un corpo vuoto, senz'anima, ma il luccichio nei suoi occhi mi aiuta a convincermi che non è così.

Quando sono entrata dall'ingresso principale, diversi minuti fa, l'ho vista a fatica nell'oscurità intenta a recuperare in fretta dalla tasca dei jeans quel famoso accendino.

Ha fatto scattare il pollice sulla rotellina, e me l'ha puntato contro con il proposito di farmi allontanare da lei. E l'ho fatto, alzando le mani in segno di resa, confusa e spaventata.

Non ho capito subito le sue intenzioni, ma quando ho compreso, la paura ha iniziato a pervadermi il corpo facendomi schizzare il cuore a mille.

Lei non ha detto una parola, e ora il suo sguardo continua a rimanere concentrato sulla fiamma. Spero con tutta me stessa che stia ponderando l'opzione di lasciar perdere.

Cercando di mantenere sangue freddo il più possibile, e di non allarmarmi ulteriormente, dico per la quinta volta e con voce instabile:

«Ti prego, non farlo.»

Gli occhi mi si riempiono di lacrime, vedo offuscato e ho bisogno che mi dia retta questa volta. E come se potesse percepire questa mia necessità, dopo minuti che mi sembrano interminabili, reagisce.

Chiude le palpebre con dolorosa lentezza, poi le riapre e punta le sue iridi di una tonalità ambrata più scura del solito, dritte nelle mie. Il suo sguardo è... sereno.

«Perché non dovrei?» domanda e corruccia la fronte.

Dal momento in cui mi accorgo che è riuscita a pronunciare le sue prime parole da quando sono arrivata, mi sento troppo sollevata per risponderle. Ma anche quando, non mi lascia il tempo di farlo.

«È ora di rendere omaggio al mio nome, non ti pare?» osserva, distendendo la fronte e allargando le labbra in un sorriso sornione.

Tiene ancora il dito premuto sull'accendino. Il sollievo che provo svanisce in un battito di ciglia e di nuovo vengo assalita dal terrore.

«Dammi quell'accendino» sussurro evitando la sua sciocca domanda e tendendo la mano verso di lei.

«Non ci provare. Non ci provare, cazzo» ringhia. È fuori di sé.

Io sospiro profondamente ma non riesco a calmarmi. Tremo. E a lei non frega niente. Forse.
Ma se lo fa mentre sono ancora qui dentro, ne avrò la prova.

«Per favore» ripeto e mi si incrina la voce.

Mi sforzo di trattenere il pianto ma non so per quanto possa resistere.
La ragazza dall'aria malandata che mi sta di fronte, distoglie lo sguardo da me.

«È troppo tardi, ormai. Vattene via» dice, dandomi infine prova che da qualche parte nella sua mente, esiste ancora un piccolo pensiero rivolto a me e alla mia incolumità. E lo stesso vale per me nei suoi confronti. Non lascerò che si faccia del male.

«No!» urlo disperata e con un balzo mi getto su di lei per strapparle quell'accendino dalle mani.

Non giocare con il fuoco Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora