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L'oscurità aveva quasi un aspetto fisico, uno spessore denso e opprimente che trasmetteva un freddo pungente e isolava da qualunque rumore. Leia non riusciva a raggiungere la Forza attraverso tutto quel nero schiacciante, non aveva il controllo dei sensi, non sentiva niente. Da quando conosceva le vie dei Jedi, chiudendo gli occhi non incontrava il buio: poteva vedere l'aura azzurra e pacifica che era la presenza di suo fratello, che di tanto in tanto guizzava di caldi bagliori dorati, oppure quella di suo padre, un rosso feroce e fiero, bollente, ma a volte costellato di striature gialle, segno di una speranza che tornava. E quando non poteva ammirare le firme nella Forza dei suoi familiari, Leia vedeva quelle deboli e ingrigite dalla corruzione dell'anima, ma comunque vive, dei soldati imperiali.

Ora, invece, il nulla più assoluto. La Forza non la abbracciava più, solo la paura, e il silenzio del buio inghiottiva le preghiere in cerca di aiuto.

Ma poi, dopo quella che pareva un'interminabile agonia in cui nulla cambiava, Leia seppe dire con certezza di aver aperto gli occhi, anche se non vedeva a un palmo dal naso e non riusciva a collegarsi con la Forza. Poteva dire di essere tornata alla coscienza per l'odore di chiuso che respirava, la sensazione di qualcosa di freddo attorno ai polsi e un leggero respiro, sicuramente appartenente a un essere umano.

"C'è qualcuno?" domandò al vuoto la ragazza, scoprendo la propria voce fastidiosamente roca.
L'arrivo di una risposta effettiva la fece sobbalzare. "Certamente" disse una voce melensa e tremendamente spaventosa allo stesso tempo.
Una luce flebile si accese nella forma di una candela illuminando un viso anziano e solcato dalla rughe, pallido e raggrinzito. Gli occhi, notò Leia con una smorfia di disgusto, erano di un giallo intenso e inquietante, brillanti di una luce maligna.
Sapeva benissimo a chi apparteneva quel viso, ma si sforzava di non credere ai propri occhi.

"Era da tanto tempo che aspettavo di averti qui, Leia Organa" disse Palpatine, suadente. "O forse sarebbe meglio dire Leia Skywalker?".
La ragazza rabbrividì, sperando che l'Imperatore credesse che lo stesse facendo a causa del freddo, pensando per la prima volta a cosa avrebbe potuto incontrare in quel luogo. Era evidente che si trovava in una cella, aveva perfino delle manette, e l'idea di essere chiusa in una stanza insieme a Darth Sidious la orripilava.

Il Signore Oscuro doveva aver intuito quello che stava pensando, perché le disse: "Non ho intenzione di farti alcun male finché ti comporti bene". Leia fissò nei suoi occhi uno sguardo truce, come chiedendogli se si aspettasse davvero che lei rimanesse tranquilla e mansueta come un angello al macello.

L'imperatore le mostrò per la prima volta i suoi denti gialli e marciti in un sorriso falso. "Se credi di poter resistere" dichiarò con finta pietà "ti sbagli. So fare cose che neanche puoi immaginare, e non potrai usare la Forza considerando che ti sono state applicate delle restrizioni inibitorie". Leia abbassò gli occhi sulle sue manette, ora odiandole ancora più che semplici blocchi alla sua libertà. Almeno, si disse, non poteva percepire la presenza senza dubbio disgustosa di Palpatine: probabilmente sarebbe stata sufficiente a farla vomitare.

Nel frattempo, l'Imperatore le parlò di nuovo: spiegò accuratamente, come se tenesse al benessere della ragazza, che non ci sarebbero stati cibo e acqua prima della sua resa. Leia si limitò a guardarlo con odio, mantenendosi forte fintanto che era lucida. Sapeva che i tempi a venire non sarebbero stati piacevoli per lei.

Quando ebbe finito di illustrare i suoi piani diabolici, Sidious uscì dal carcere di massima sicurezza del Palazzo Imperiale e si diresse verso i suoi alloggi personali. Aveva parecchio da fare: sicuramente il suo sciocco apprendista Darth Vader era già all'opera per salvare sua figlia, e con un po' di ottimismo l'altro figlio sarebbe stato con lui. Con incredibile facilità sarebbe stato in grado di liberarsi all'istante dei due Skywalker uomini, mentre la ragazza, una volta ricevuta la notizia della morte dei suoi cari, sarebbe stata vulnerabile al Lato Oscuro, troppo debole per resistere.

Con il suo tipico sorriso sbilenco e profondamente maligno, Palpatine connesse il suo computer di controllo principale alla microspia che aveva preventivamente installato sulla nave di Vader e verificò la posizione del veicolo. Stava sorvolando proprio in quel momento Utapau, un pianeta dell'Orlo Esterno sulla rotta che portava da Coruscant alla posizione appartata dell'Executor: era perfetto.

L'Imperatore ghignò con gioia malata quando premette il pulsante che attivava una bomba a distanza.

~~~

Il silenzio era stato il protagonista delle prime sei ore del viaggio di Luke e Vader. Nessuno dei due aveva avuto il coraggio di parlare di Leia per la preoccupazione che il solo pensiero di lei provocava, e nessuno aveva osato parlare d'altro quasi per rispetto. Regnava una tristezza estrema, un dolore così pesante che se qualcuno fosse entrato nella nave avrebbe potuto sentirselo addosso.

Ma ad un tratto tutto cambiò. Vader e Luke sentirono una spia intermittente che sembrava segnalare un guasto nella nave, ma dopo un rapido controllo si resero conto che tutto era a posto. Il che significava che niente lo sarebbe più stato.

Nei motori, in profondità, una bomba ben nascosta si attivò e scoppiò con fragore, distruggendo completamente tutti i sistemi vitali per la nave.
Vader e Luke si accorsero immediatamente del problema, ma non cedettero al painico e provarono a rimettere in funzione il veicolo. Luke entrò nell'abitacolo che dava sui motori, e dovette trattenersi dall'urlare di disperazione. L'intero motore era andato in fumo, e la nave stava precipitando!

Vader capì quello che stava succedendo quando suo figlio tornò indietro, terrorizzato, con gli occhi di uno che non vuole morire, e sentì che doveva garantire un atterraggio di fortuna a ogni costo. Non riuscendo ad attivare i gusci di salvataggio per la mancanza di energia dovuta alla scomparsa letterale del motore, agì d'istinto e si aggrappò strettamente a suo figlio, sperando di potergli almeno fare da scudo con la sua armatura.

E questo fu l'ultimo pensiero del Sith prima che tutto diventasse più nero del suo mantello.



Luke aprì gli occhi con fatica, irritato dal ronzio nelle orecchie che sembrava non avere intenzione di lasciarlo in pace. Sentiva dolore in ogni parte del corpo, ma non abbastanza da ritenersi ferito gravemente. Il problema più grosso era un pesante rottame che lo schiacciava al suolo, lambito dalle fiamme e perciò pericoloso.

Con un certo sforzo dato dalla sua mente ronzante Luke raggiunse la Forza e vi si immerse profondamente, dimenticando tutto il resto. Lentamente il rottame si sollevò da terra e cadde poco più indietro, liberando il giovane Jedi e spalancando di fronte a lui i paesaggi di un pianeta semidesertico.

Traballando e trasalendo di tanto in tanto per ferite appena notate, Luke si alzò in piedi e gettò un'occhiata al panorama circostante. Poi i suoi occhi caddero sul rottame che prima aveva spostato.

Non era un rottame...




Lealtà divise {1}Where stories live. Discover now