50. The Cavalry

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La colomba si trovava esattamente al centro dello studio di Bertuccio

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La colomba si trovava esattamente al centro dello studio di Bertuccio. Duccio Vivanti non era abituato ad agire in maniera così sconsiderata. Fino a quella mattina, ogni suo gesto era stato il risultato di un'accurata pianificazione. Eppure la fretta, la smania, la voglia di approfittare del momento propizio l'avevano reso incauto.

Aveva slegato Raphael senza pensare al fatto che non l'avrebbe assecondato come il mansueto subordinato che non era mai stato. E infatti quello aveva di nuovo tentato di ucciderlo e se non fosse stato per il pugnale che aveva con sé, e con cui aveva prontamente minacciato Arianna, avrebbe di sicuro portato a termine con successo la sua azione. Osservò il corpo livido dell'amico che aveva assicurato saldamente alla voliera di Bertuccio ma non permise che gli occhi di Raphael lo giudicassero. Guardò in alto, dove la palila e i parrocchetti, ammutoliti anche loro, gli sembrarono in attesa di vederlo esaudire finalmente i suoi desideri.

D'altronde, come poteva Raphael essere così severo con lui? Dieci lunghissimi anni sarebbero stati troppi per chiunque.

Mentre scavava la fossa che avrebbe accolto il bel corpo di Giada non aveva pensato ad altro, a come agire, a come far in modo che il godimento, tanto a lungo silente, esplodesse in tutta la sua potenza.

Cosa potevano capire quei due di quello che si agitava nel suo animo? Del potere che si celava nella distruzione che agognava?

No, il suo amico era così sciocco da credere che l'apice della sua felicità consistesse nel sentimento, così comune, che provava per Arianna e che continuava a negare di provare. E lo stesso faceva la bella colombella, certa che lui non l'amasse abbastanza, anche in quel tragico momento, anche se immaginava perfettamente cosa sarebbe successo, perché era già successo, eccola che si struggeva ancora, che le sue guance erano rosse, le labbra deluse e il suo cuore spezzato.

Ma era così viva, così splendida mentre nel suo animo tanti sentimenti contrastanti si accavallavano e un momento le davano speranza e l'attimo dopo gliela toglievano, che Duccio non poté fare altro se non sentirsi profondamente sedotto, proprio com'era accaduto dieci anni prima. Anche allora l'aveva trovata disorientata e arrabbiata di fronte alla bancarella di un bacaro, con le guance infiammate e lo sguardo offeso. Anche quella sera si era sentito come si sentiva in quel momento, ossia estasiato da quella vista. Quando Giada Foscari aveva acconsentito affinché passasse del tempo con sua figlia, quando l'aveva barattata per salvaguardare una reputazione ancora integra, certamente non aveva immaginato quello che Duccio aveva in mente di fare.

Non che avesse davvero preso in considerazione la possibilità di essere tanto onesto, oh, no, anzi se n'era ben guardato. Aveva lasciato che Giada credesse la cosa più ovvia, ossia che lui, proprio come succedeva ogni tanto tra quelli del loro rango, avesse delle inclinazioni particolari e che si sarebbe limitato a prendersi qualche libertà con la ragazzina. Le aveva persino giurato che l'avrebbe lasciata intatta, che ci sarebbe andato piano.

Quello che Duccio aveva sin dall'inizio avuto in mente di fare, invece, era spiare cosa si nascondesse in un'anima tanto libera, in uno spirito così poco convenzionale. Solo che per lui questo significava aprire, tagliare, rovistare e infine rimanersene estatico di fronte all'evidenza organica di un mistero che continuava ad essere impalpabile e a sfuggirgli. E poi, come sempre, avrebbe ancora una volta preso atto del fatto che quello che cercava non l'avrebbe trovato in mezzo al sangue, ai tessuti, ai muscoli e alla pelle.

IL PRECETTOREWhere stories live. Discover now