9. Antidote

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Arianna sedeva col busto dritto e la testa bassa sul foglio

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Arianna sedeva col busto dritto e la testa bassa sul foglio. Quando quella mattina Raphael si era presentato direttamente per colazione si era sentita a disagio e quanto aveva visto che Duccio Vivanti lo seguiva, distanziandolo appena di qualche passo, le si era stretta la gola e il suo disagio era persino peggiorato. Giada Foscari li aveva accolti esibendo un vestiario e un contegno degno di una regina, con una gorgiera nera orlata di pizzo bianco che le contornava la testa bionda come se fosse stata un'enorme corolla e l'acconciatura elaborata che si elevava per almeno cinque centimetri facendola risultare ancora più imponente. Quella mattina Carmela le aveva confidato di aver dovuto intrecciare più volte i capelli della madre che non sembrava accontentarsi neppure delle sue mani esperte.

Erano soli da circa mezz'ora, sempre nello studio del padre e Raphael sedeva anche lui rigido e composto, un'espressione particolarmente severa sul viso in genere più cordiale e disposto allo scherzo. Per contrastare il silenzioso riserbo dei due, gli uccelli nella gabbia producevano un gran frusciare di ali e si dilettavano in arditi voli e in orecchiabili cinguettii. Ma né Raphael, né Arianna avevano alzato gli occhi su di loro neppure una volta.

Arianna da quando lo aveva conosciuto aveva sperato che le riservasse la freddezza consueta dei giovani che aveva avuto modo di frequentare durante qualche pranzo o qualche cena a cui la madre l'aveva costretta a partecipare.

Quelli si limitavano ad osservarla con educato riserbo, qualcuno si era arrischiato a chiedere cosa le fosse accaduto alla mano ma sempre con distacco.

Raphael dall'inizio invece le si era rivolto con una diretta e genuina curiosità, quando le aveva parlato del dramma di Amleto, quando lei gli aveva rivelato chi fosse l'Astrea dipinta sul soffitto della grande sala, e in generale durante le loro conversazioni, si era mostrato molto recettivo e insistente, curioso di lei, e soprattutto si era comportato come se fosse dalla sua parte.

Arianna era convinta, quella mattina come non mai, che si fosse trattato di pietà o qualcosa del genere ma che la vista dell'oggetto che gli causava quella specie di tenerezza nei suoi confronti, ora l'avesse spazzata via lasciando il passo al semplice e cordiale disgusto.

Raphael evitava di guardarla. Forse era un bene perché quella mattina non avrebbe certo visto su di lei gli accorgimenti estetici che rendevano tanto perfetta Giada. Arianna portava un semplice abito accollato di color avorio, stretto al collo da una scia di bottoncini madreperla e i capelli erano orditati in un'unica, lunga treccia che tormentava con la mano buona e che le scendeva su una spalla.

Si era augurata che i rapporti con Raphael diventassero quelli consueti tra un precettore e un'allieva e ora che era finalmente accaduto, le pareva che la pioggia che continuava a scrosciare fosse fastidiosa, che la mano fosse rigida, pesante, un piombo che l'ancorava a terra, che la costringeva ad un'esistenza defilata e soprattutto Raphael, le sembrava vivere al di là di un vetro impenetrabile.

D'altronde era innegabile che qualcosa fosse mutato, che lui non vedesse l'ora di smetterla di dover passare il suo tempo con lei.

<<What sense had I of her stol'n hours of lust? / I saw't not, thought it not, it harm'd not me: / I slept the next night well, was free and merry; / I found not Cassio's kisses on her lips: / He that is robb'd, not wanting what is stol'n, /Let him not know't, and he's not robb'd at all.>>

IL PRECETTOREWhere stories live. Discover now