30. The Jew's footsteps

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Bertuccio Foscari era un uomo che l'età aveva reso poco incline alla sorpresa, non era questo un processo che l'aveva investito con lentezza e compassione, era stato anzi il violento imporsi di una natura disincanta e stanca, sulla sua, fiduciosa e reattiva.

Fino al momento esatto in cui l'ebreo non aveva spalancato la porta della Sinagoga sul nulla, fino al preciso istante in cui il bel vestito da colombella di Arianna non gli aveva restituito la macabra parvenza del corpo di una carogna massacrato da un sadico cacciatore, Bertuccio aveva conservato intatte tutte le sue belle speranze.

La sua vita era stata facile, estremamente comoda, piena di piacevoli passatempi e di amici. Bertuccio se ne andava sicuro per la sua strada a testa alta, fiero di poter vantare una legittima moglie affascinante e virtuosa che lui stesso ammetteva senza remore di amare e una figlia che sentiva sua in ogni fibra dell'essere.

Era diverso dagli altri veneziani, dagli altri patrizi come lui. Gli eccessi non l'avevano mai tentato, i divertimenti sfrenati e i piaceri della carne gli sembravano, nonostante il fuoco giovanile, solo una sterile perdita di tempo.

Giada era arrivata nella sua vita illuminandola, una fortuna insperata che gli provocava alla vista, anche adesso, dopo tanti anni, un violento rossore.

L'unica cosa che era rimasta accesa in Bertuccio, in effetti, era la pallida fiammella di piacere estremamente materiale verso le belle sembianze della sua consorte, accanto a quella, un fuocherello diverso, di estrema pietà e di infiniti rimorsi, verso sua figlia.

Le trovò entrambe sedute rigide, distanti. Sua moglie era più bella del solito, persino più curata. Indossava i gioielli che lui le aveva regalato quando avevano annunciato il loro fidanzamento; l'anello verde con la grossa pietra di Tormalina e il quarzo giallo al collo.

La moglie prese nota della sua presenza come sempre faceva, con un leggero fastidio. Bertuccio si era ormai convinto che gli desse la colpa delle sorti di sua figlia, che non lo avesse perdonato.

Andare in consiglio quel giorno era stato persino più penoso del solito, aveva fatto le solite scelte moderate, tentando, come faceva da anni, di accontentare tutti, nel dubbio di pestare i piedi sbagliati.

Non era preparato però allo spettacolo che l'accolse, il futuro marito di sua figlia, che nella sua mente era lo straniero, lo osservava con sicurezza e con un'espressione che se fosse stato un po' più permaloso, avrebbe di certo scambiato per un affronto.

Aveva incrociato le braccia, gli sorrideva. Mentre sua figlia non sorrideva affatto e sbirciava, nervosa, le mosse goffe del suo ex precettore.

Perché il maestro di sua figlia, che fino a quel momento gli era parso un uomo sicuro di sé e inscalfibile, adesso sembrava tanto nervoso?

Si avvicinò ad Arianna che sentiva il bisogno di toccare. Nella sua testa, senza che ce ne fosse alcun motivo, risentiva infatti il ciabattare scandito e sciatto dell'ebreo sul marmo della chiesa.

IL PRECETTOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora