Capitolo 18 • Fuga

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C A P I T O L O  X V I I
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• F u g a •

Da Dominus dell'Aria che si rispetti, mi sarei dovuta immaginare quello che mi sarebbe aspettato

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Da Dominus dell'Aria che si rispetti, mi sarei dovuta immaginare quello che mi sarebbe aspettato. Ma anche allora, ripensandoci, non riuscivo ad immaginare un modo di viaggiare peggiore. Più e più volte, da quando ero arrivata ad Ilyros, mi erano venuti i lacrimoni al solo ripensare a quello che avevo affrontato.

Le immagini confuse di quei dieci giorni d'inferno non abbandonavano mai i miei pensieri e sulle braccia e sulle gambe sentivo ancora il dolore dei tagli che mi ero procurata durante il viaggio, ormai scomparso grazie ai guaritori della caserma della Reggia Azzurra nella quale mi avevano segregata. E grazie al fondamentale intervento di William, dovevo ammetterlo.

I miei ringraziamenti nei suoi confronti iniziavano e finivano lì, sicuramente. Troppe volte nel corso di quegli anni mi ero ritrovata ad odiarlo, per i più svariati motivi, che andavano dai più futili ai più seri. Ma dovevo ammettere che questa volta si era proprio superato. Però non potevo biasimarlo: combattevamo su due fronti opposti ed imprigionarmi era stata l'unica cosa che aveva potuto fare.

Gli dei solo sapevano quello che mi avrebbero riservato le guardie e gli ufficiali non appena mi avessero considerata abbastanza in forma per eseguire un interrogatorio. Non sapevo da quanto stessi pensando e ripensando a come scappare: avevo perso la cognizione del tempo. Non sapevo se Evelyn era stata presa, non sapevo né dove si trovava né con chi era. Non sapevo se era ancora viva...

«Dannazione.» imprecai lanciando un piccolo sassolino che mi stavo rigirando fra le mani contro il muro della cella che avevo davanti.

Era capitato tutto troppo in fretta e ancora allora non riuscivo a capire come avessero potuto trovarci. C'era sicuramente stata qualche spia, ma chi era stato? Davvero molti nomi mi si susseguivano nella mente, ma ragionandoci bene mi sembravano uno meno probabile dell'altro.

In lontananza, sentii il trillo di una campana, che segnava il cambio turno. Se solo avessi saputo ogni quanto suonava, avrei potuto riacquistare la cognizione del tempo e avrei avuto una piccola informazione da aggiungere alle cose che già sapevo: ogni minima cosa poteva aiutarmi.

Per esempio, sapevo già che la guardia che stava presiedendo in quel momento il blocco di celle, disposte a raggiera attorno ad un grande spazio circolare in cui ero io, veniva chiamata Pallido.

Poiché mi trovavo nelle celle destinate ai detenuti di massima sicurezza, non riuscivo a veder nulla di più che le persone che con una fiaccola si avvicinavano alle sbarre, il che era successo ben poche volte. La guardia del blocco rimaneva celata nell'ombra a noi prigionieri e da quello che avevo potuto intuire sedeva al centro dello spazio circolare. Inutile dire che non c'erano finestre.

ELYRIA • Il Figlio del Gelo [BOZZA]Where stories live. Discover now