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La ragazza continua a stare ferma davanti a me e mi guarda, la cosa mi sta parecchio dando i nervi ad essere sincera.

Seguo le indicazioni della mia vecchia insegnante di yoga e mi soffermo, semplicemente, a guardarla da cima a fondo completamente persa nei miei pensieri.

Odio quando la gente che non conosco si appropria di casa mia, che poi potrebbe pure avere sbagliato casa ma questo non giustifica il fatto che ha aperto lei e non qualcun'altra al suo posto.

"Piacere, tu saresti? Sai te lo chiedo perché non sapevo che ci fosse stata un altra ragazza" mi tocco i capelli nervosa più che mai e sinceramente non ne comprendo il motivo.

Do troppo spesso un giudizio sbagliato sulle persone senza conoscerle, sbagliando per prima io.

So che è sbagliato, che è una cosa abbastanza cattiva e non dovrebbe essere fatta ma sono sempre stata abituata a dovermi proteggere dalle persone anche vicine e care a me.

Sbagliando si impara ed è da questo che adesso do giudizi affrettati fregandomene se sono buone o cattive persone.

"Mel avevo scordato a dirti che divideremo la casa con lei,piacere io sono Ellie ma chiamami pure Elly o come vuoi tu a me non fa differenza" gli sorride in modo tranquillo e io mi imbestialisco ancora di più.

Ma che è uno scherzo per caso? Come fa a stare tranquilla con una persona sconosciuta a casa nostra che potrebbe anche dare di matto nella notte ed ucciderci entrambe?

Magari mi sto facendo troppo film mentali, troppi show o magari sono semplicemente troppo esagerata.

Ma in realtà poco mi importa.

"Semplicemente potevi parlarmene prima ma non fa nulla" gli sorrido cosi fintamente che gli angoli della bocca si formano in un modo estremamente brutto. Elly mi guarda senza proferire una parola e senza troppi giri di parole si allontana da noi.

La ragazza dalla quale non so neppure il nome mi guarda con gli occhi spalancati, facendo balzare le pupille un po' verso di Elly e un po' verso di me.

E adesso che vuole questa qui? Mi sta decisamente sulle palle

Sbuffando sonoramente e alzando, di tanto in tanto, gli occhi al cielo gli faccio cenno di entrare e chiudo la porta alle sue spalle.

Queste non sono buone maniere ma è pur sempre buona educazione.

"Io sono Alexandra ma chiamatemi anche voi come vi pare io non ho una preferenza" mi avvicina la mano e io di tutta risposta la guardo senza avvicinare la mia annuendo semplicemente. Le buone maniere se ne sono andate a farsi fottere insieme alla mia dignità.

Capisco che è una reazione esagerata, ma quando una persona non ti va a genio tutti ci comportiamo così.

Magari è solo una mia opinione, una prima impressione ma tutto è tranne che simpatica e lo giuro.

La sorpasso e aprendo la porta esco per respirare un po' di aria pulita, tra tutti e due non so neanche chi è la più snervante.

Alexandra ci ha raccontato di fare la barista in un posto non molto lontano da qua, ma mentre lei parlava io mi stavo palesemente facendo i fatti miei tirando quale pezzo di filo uscito dalla mia tuta.

Devo, anche con qualche piccolo sforzo, provare ad essere simpatica.

Entro in un piccolo ma accogliente negozio e mi avvicino verso il reparto delle tende. Ne trovo una bianca con alcuni dettagli ricamati, molto semplice ma anche molto dettagliata.

Decido di prenderla immediatamente e di non farmela scappare.

Le strade qui a New York sono sempre cosi affollate che faccio quasi fatica a camminare e girare per qualche negozio che mi interessa. Sono stata in questa città pochissime volte, solo per lavoro di mio padre e solo per qualche gita avuta alle superiori.

Ma d'altronde mi è sempre piaciuta e ho sempre desiderato viverci.

Adesso che sono qui, il mio sogno di viverci si è esaudito però non sono molto contenta per molti, forse troppi, fattori.

Passo vicino ad un negozio di gioielli e mi viene in mente mia madre.

Lei lavorava come commessa in una gioielleria, amava i gioielli tanto che un giorno si e uno no mi portava qualche bracciale o qualche collana che le piaceva così mi la mia mania per i gioielli è iniziata così.

E me la porto fino a questi miei giorni.

Mi manca mamma come ad un bambino manca l'ossigeno, avevo un rapporto strepitoso a tal punto di raccontargli tutto cio che mi succedeva e quando qualcosa non andava, lei veniva nella mia cameretta per accarezzarmi i capelli con l'intento di farmi calmare.

La mia vita non è mai stata serena e rilassante ma al contrario sempre una grande voragine di sentimenti. Sentimenti anche profondi e non solo dal punto di vista familiare.

Mi sono innamorata di un ragazzo, sapete quei ragazzi tutti muscoli e niente cervello, quelli sempre arrabbiati col mondo intero?

Dopo qualche anno di relazione scoprì che stava perdendo le staffe, stava cominciando a fare uso di cocaina e gravi sostanze che ti fottono tutto portandoti via in primis corpo e cervello.

Quelle sono le due cose che non cominciano a funzionare più come dovrebbero inizialmente per poi passare a cose troppo gravi.

Quando arrivava a casa mia e non facevo quello che voleva lui mi picchiava quindi poco dopo decisi di lasciarlo, lui accettò perché ricapì che con me aveva poco a che fare.

Ma accettò non con molta convinzione ed è anche questo il motivo per cui sono qui.

Sospiro cacciando via tutti i brutti ricordi e continuo a camminare verso casa.

Forse è ora di rientrare.

La cosa più fastidiosa è quella di non possedere un ascensore perciò arrivare al terzo piano, trapassando tutte quelle rampe di scale, non mi va poi cosi tanto a genio non essendo una grande sportiva.

Entro e mi getto subito nel morbido divano in pelle cosi pesantemente che Alexandra esce e mi guarda, non mi è affatto mancata.

"Allora stasera cosa si fa ragazze?" si dorme stupida cosa si può fare di solito la sera?

Basta Melanie non essere cosi scontrosa fai la finta sociale, mi dico da sola sembrando una pazza isterica ma cercando, comunque, di darmi ragione mentalmente. Anche se per finta ma lo faccio, è già un passo in avanti.

"Non so cosa vorresti fare tu?" la guardo e giuro che l'espressione del suo viso cambia da un momento all'altro.

Questo non porta nulla di buono, ma decisamente.

"Usciamo" mi sorride con un certo luccichio agli occhi.

Ma cosa ci trovano di bello ad uscire? Io preferisco dormire ma non posso fare la parte della vecchia con i dolori.

Alla fine mi faccio convincere, cosa dovrebbe succedere se passo una serata diversa dalle altre? Io spero nulla ovviamente.

Ho un vestito lungo fino al ginocchio, il corpetto pieno di piccoli brillantini con uno scollo cosi profondo che mette in risalto la mia quarta parecchio abbondante. I capelli invece li ho alzati con una coda e qualche ciocca l'ho arricciata volentieri.

Lo scricchiolare del pavimento, causato dal miei tacchi, fa fermare quelle due matte dal litigare e si voltano a guardarmi facendomi imbarazzare ancora di più di quanto io lo sia già.

Raramente mi imbarazzo e questo è sicuramente il momento.

"Dai andiamo su" grazie a dio questa ragazza serve a qualcosa. Adesso possiamo iniziare ad andare d'accordo. Ringrazio di avermi salvata e lei di tutto cambio mi sorride, decisamente meglio di stamani.

Una volta sedute nella sua macchina iniziamo a fare strada viaggiando via per le strade di New York. Tutto così estremamente bello che non mi sembra neanche vero.

La nostra meta era una: Il pub che hanno appena aperto che mi pare di aver capito si chiama Joe's.

La mia prima serata, per il primo mio giorno di soggiorno, è appena arrivato.

LA PAURA DEL BUIO. #Wattys2018Where stories live. Discover now