Capitolo 30

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Lo aveva sognato, quel bacio non dato. Lui se ne era andato, lei aveva chiuso gli occhi ed il sonno era venuto pieno di premonizioni. L'aveva baciato in sogno, senza ritegno. Le sue labbra erano soffici, così morbide e fresche, così lascive contro le sue, ed aveva sentito la fermezza delle sue mani su ogni parte del corpo, e le era mancato il respiro. Quando lentamente era tornata in se, svegliandosi, una sensazione molto simile all'agitazione del saltare uno scalino di una scala molto ripida si era impossessata di lei. Non era necessario appoggiare la mano sul petto per sentire il furore del cuore, e nemmeno bisognava che tastasse la fronte per sentire il freddo sudore che le colava fino allo scollo della canottiera. Premere le mani contro le tempie non servì ad allontanare quell'immagine sfocata di loro due che si toccavano, nient'affatto, glie lo imprimeva di più contro le palpebre. Serrò gli occhi non appena la luce del sole glie li ferì. Premette i palmi tremanti sugli occhi mordendosi le labbra: un sogno oppure un incubo. Uno non escludeva l'altro.

Aprì lentamente gli occhi, abituandoli all'intensa, insolita, luce, e dita tremanti abbadonarono la fronte per adagiarsi con delicatezza sulle sue labbra insoddisfatte. Il calore, amico dell'intensa emozione, era padrone del suo corpo e del suo respiro, che usciva condensato nel gelo della stanza in cui si trovava. Chiuse gli occhi, desiderando di ritornare al suo sogno, ma sicché le fu impossibie, provò ad immaginare di non essere sola in quel letto di colpo troppo grande. Cosa avrebbe fatto se lo avesse trovato accanto a se voltandosi su di un fianco?

Non ne era sicura, e la cosa la spaventava: le dita ancora sulle labbra. Serrò gli occhi perché i pensieri in quel momento erano come una tempesta di sabbia sul volto.

Non sapeva classificarlo come un risveglio piacevole, ma di sicuro era diverso dai precedenti. Con passo felino il dolore riprese il suo posto sul podio, assieme alla realtà severa. Voltandosi non avrebbe trovato ne Dorian ne nessun altro, solo sangue e bende. Deglutì amara bile e si issò a sedere emettendo un gemito di dolore. Si trattenne dall'urlare quando ai piedi del letto vide l'infermiera di Caius Boleyn, Quinn, adagiare un vassoio contenete una sola tazza bianca e sbeccata, ed una ciotola anch'essa in pessime condizioni.

-Oh, è sveglia.. Credo sia meglio che chiami il dottor Boleyn. Ha detto che avrebbe controllato la sua ferita questa mattina.-

-Non voglio vedere Boleyn.- sussurrò sentendo la gola come carta vetrata. -Posso avere dell'acqua?-

Quinn le diede la tazza sbeccata. Anche se Annabel sperava lì dentro ci fosse del caffè accettò l'acqua, la sete era troppa. Molto presto l'infermiera la lasciò sola, ma non durò molto come solitudine, Caius Boleyn entrò nella stanza con un sorriso odioso sul volto lentigginoso.

-Buongiorno Annabel, come andiamo stamattina?-

-Mi fai sentire come un'anziana in una casa di riposo.- borbottò priva di umorismo. Per quanto quella paresse una giornata sopportabile, non avrebbe avuto un atteggiamento pratico con Caius dopo quello che Dorian le aveva riferito sul suo conto . L'osservò con sguardo truce senza che lui nemmeno ci facesse caso.

-Credevo che tu ed il tuo compare aveste solo una stanza. Dov'è Cortes?- le domandò alquanto divertito, estraendo medicinali da una delle sue tre borse. -Ma non dirmelo, è alquanto prevedibile. Una delle sue puttane personali, suppongo.- la sua voce, quello che stava dicendo, l'irritarono oltremodo. -Vedo che hai cambiato le bende prima di andare a dormire. Hai fatto bene.- le disse scostando appena il piumone con cui era coperta.

-Non provare nemmeno a toccarmi.- le parole uscirono come un ringhio mentre Annabel trascinava di nuovo la coperta a posto. Era in mutande, e la cosa la metteva non poco a disagio visto e considerato che Caius Boleyn era un'estraneo di cui Cortes non le aveva parlato molto bene. Parve sorpreso della rabbia nella voce di Annabel e levò le mani in segno di resa.

AdamasWhere stories live. Discover now