8. Another Man's Face

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<<È fatta!>> Gli disse Duccio dandogli una pacca sulla spalla e richiamando la sua attenzione che era ancora tutta per la cortigiana che chiedeva l'elemosina.

Il suo amico era senza dubbio felice, in un altro momento Duccio non avrebbe certo perso l'occasione, che gli si era presentata poco prima, di scendere dalla gondola per fare a pugni e calci con quei ragazzi, estasiato all'idea di aver provocato una rissa. A Duccio non faceva schifo il sangue, non si impressionava, anzi, l'ultima volta che era successo, se n'era rimasto affascinato ad osservarlo colare dalle labbra di un povero ubriaco che avevano massacrato durante il carnevale con la scusa che fosse di una fazione avversa. E non era la prima volta che Raphael si ritrovava ad assistere a simili spettacoli.

<<Mi hai sentito? Ti dico che è fatta!>>

<<Ti ho sentito, ma ho anche sentito Arianna, urlava.>> Rispose Raphael serio, troppo, probabilmente, visto che Duccio gli riservò un'occhiata indispettita girandosi di scatto mentre accelleravano il passo, si lasciavano la madonnina alle spalle e dopo aver superato calle de le carrozze salivano finalmente i gradini scivolosi e ripidi del palazzo buio, tanto che Raphael dovette fermarsi per non andargli addosso. Sentiva la voce di Duccio rimbombare dell'androne.

<<Non ti facevo tanto sensibile! Pensi che sia così sciocco da approfittarmi di lei in pieno giorno e nella sua camera?>>

<<Spero di no, sua madre era piuttosto impressionata.>>

<<Chi, Giada?>> Chiese Duccio col fiatone riprendendo a salire rapidamente le scale come facevano sempre, mettendo il piede ogni due gradini.

<<Si, Giada!>>

<<Ma prima non ti sembra di aver visto Lorenzo Gritti in mezzo a quei fessi?>> Gli domandò Raphael d'un botto, riprendendo fiato e sperando di cambiare discorso, l'immagine di Arianna lo impressionava.

<<Può essere, dicono che al momento si sia arruffianato Marco Landò.>>

<<Marco, sei sicuro?>> Gli chiese Raphael grattandosi la testa, si dicevano cose assurde sulla famiglia Landò, cose che facevano accapponare la pelle. Sperò che l'amico si sbagliasse, ma raramente accadeva che Duccio fosse informato male.

<<Marta? Che ci fai sveglia?>>

La sorella di Duccio li aspettava spesso in cucina, anche quando tornavano a tarda notte. Era giovane, abbastanza attraente, possedeva una bellezza regolare, rassicurante, priva della spigolosità di Arianna. Raphael, oltre a indispettirsi di essere tornato in una casa che quella sera non sentiva sua, si infastidì anche per questo confronto stupido che gli era venuto in mente.

Abbassò gli occhi sulle mani della giovane Marta Vivanti che le serrava strette intorno al candeliere dorato, le nocche erano leggermente sbiancate. Indossava una cuffietta color crema che la faceva assomigliare più ad una cameriera che alla figlia dei padroni. Raphael indugiò soffermandosi a lungo sulla vista della perfezione delle sue falangi seppure un po' tozze e sulle belle unghie ovali. Quando Arianna gli aveva mostrato la mano aveva provato un profondo ribrezzo. Era capitato che la intravedesse quando la ragazza era distratta ma sempre piuttosto di sfuggita e non era stato in grado di farsi un'idea precisa di quanto fosse deturpata.

Ora sapeva che non sembrava nemmeno una mano e che soprattutto non sembrava neppure viva. Era di un grigio spento, ricordava il colore di un cadavere vecchio, asciutto, e contrastava terribilmente col rosa acceso della pelle di Arianna.

<<Avete cenato?>> Gli chiese Marta con la sua bella voce alta, piena, coronata da un sorriso affabile. La visione del cibo si mischiò a quella della mano avvizzita e gli chiuse lo stomaco.

IL PRECETTOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora