Libro 3: 11) Segatura con sugo

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«E vogliamo parlare delle signore della mensa?»

A servirci in quel lugubre posto in cui più di duecento studenti si picchiavano per ottenere un posto a sedere, c'erano tante signore Rottermaier vestite di bianco che incutevano terrore e paura non appena provavi a chiedere:

«Ancora per favore.»

Manco fossi un orfano alla Oliver Twist che piangeva per il misero pasto datogli qualche minuto prima. Credo che per ora mi possa ritenere soddisfatto di quello che ho detto sulla mensa. Era importante descrivere il luogo in cui passavo tutti i miei pranzi con Mirtilla e Mary. Ma era ancora più importante raccontare cosa successe una sera di metà aprile.

«Ti va di uscire? Ti porto in un bel posto stasera.»

Domandai a Mirtilla se volesse venire con me a prendere un tiramisù da Pompi per poter passare la serata. Se non sapete cos'è Pompi, significa che non siete di Roma o che non avete mai vissuto a Roma, quindi cerco di spiegarvelo brevemente:

«Locale in cui si vendono solo tiramisù e che ha la fama di fare il miglior tiramisù del mondo ma non è vero un cazzo perché mia nonna lo fa meglio.»

Non ho volutamente usato virgole perché volevo dar l'impressione di dirlo tutto d'un fiato e guai a chi dice:

«Te la sei portata da Pompi così a fine serata ti fa un bel lavoretto.»

Non ditelo perché... È la pura verità... Tralasciando Pompi, portai Mirtilla a mangiare il tiramisù e, durante la serata, mi accorsi che c'era qualcosa di strano in lei.

«Tutto bene?»

Le chiesi notando la sua espressione trista e pensierosa.

«Eh? No... Nulla di importante.»

Quando una donna ti dice queste parole, ti devi solo preoccupare. O hai combinato qualche guaio e tu lo devi scoprire da solo per esser degno della sua prova o ha problemi che non ti riguardano e tu devi lo stesso cercare di capirlo altrimenti nei guai ci passi tu. In ogni caso gli uomini sono spacciati. Io, da buon codardo, non toccai più l'argomento fino a che non la riaccompagnai a casa. Era ancora di cattivo umore e non ero riuscito a farla ridere molto quella sera. In più non aveva alcuna intenzione di dirmi nulla del suo problema, quindi avevo completamente le mani legate.

«Sicura che non ci sia nulla che ti dia pensiero?»

Le domandai per l'ultima volta.

«Non ti preoccupare, è solo che ho un paio di problemi con un mio vecchio amico. Abbiamo un po' discusso perché non ci sentiamo più come una volta e questo gli fa male.»

Devo dire che non ero estraneo a questo problema, infatti anche io non sentivo più i miei amici di Taranto da quando mi ero trasferito. Ma era una cosa normale che anche loro avevano capito. Ognuno ha i propri impegni e non si può tenere stretti i contatti quando ci sono un sacco di chilometri che ti separano o quando si creano nuove amicizie. Il cervello umano può gestire solo 150 contatti alla volta e non si può pensare a chi sta troppo lontano, altrimenti non pensi a chi ti sta vicino oppure trascuri te stesso. Infatti, con i miei amici di Taranto, ci sentiamo solo quando scendo per le vacanze, così che nessuno pensa allo studio o alle amicizie che hai fatto in altre città. All'inizio ci rimani male a fare ciò, ma alla fine capisci che è inevitabile. Non sentirsi come un tempo, non vuol dire che l'amicizia tra due persone finisca. Caso diverso è quello in cui le persone utilizzano la frase:

«Non ti fai più sentire da quando sei partito!»

In quel caso hai ogni permesso di questo mondo per staccargli la testa a morsi e nutrirsi del suo cuore subito dopo aver detto:

«Perché tu invece ti sei fatto sentire assai! Io sono a Roma e dovrei mandare messaggi a 200 persone per non perdere i contatti e tu non riesci manco ad inviarne uno quando stai comodamente a Taranto a grattarti il culo senza un lavoro, senza ragazza e senza esser manco andato all'università! Mi fai schifo!»

Direi che mi sono sfogato un po' troppo sull'argomento, torniamo alla storia principale dove spiegai a Mirtilla il mio pensiero sulle relazioni a distanza tra amici, parenti e fidanzati, ma non la vidi molto convinta. E, dato che sono un coglione, avevo pensato al modo perfetto per tirarla su il morale.

«Non ci pensare. So io cosa potrebbe farti stare meglio.»

«Cosa?»

Mi domandò con espressione un po' triste.

«Io.»

La mia risposta la fece un po' confondere, forse non aveva capito bene ciò che le volevo confessare da po' di tempo.

«Mirtilla, tu mi piaci.»

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