Capitolo 5

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Oliver.

Suo cugino Oliver Anderson si era catapultato nuovamente nella sua vita; lui che aveva distrutto l'esistenza di Cerys, lui che l'aveva umiliata, lui che nell'immaginario di quella povera ragazza meritava solo la morte.

Ella aveva impiegato molto tempo per sbarazzarsi del suo ricordo e far sì che fosse solo un vecchio fantasma; tutta la sua fatica, peró, era stata sprecata.

L'attesa in quel negozio fu una delle più massacranti che avesse mai affrontato.

Cerys aveva sentito gli occhi di Oliver puntati su di sè costantemente, occhi che la osservavano, squadravano, imbrogliavano e spogliavano viscidamente.

Quel suo sguardo era ritornato ad essere presente nella sua mente e ad impossessarsi di ogni minima cosa che la riguardava: ancora una volta sembrava avesse intenzione di soggiogarla e sottometterla.

Cerys avrebbe voluto scappare a gambe levate da quel posto e non farsi ritrovare mai più, ma anche se lontana da lì Oliver continuava ad essere presente, ovunque e in qualsiasi momento.

La profondità degli occhi scuri del giovane si ripeteva in ogni diamine di parete, quadro  e specchio; Cerys si sentiva osservata da lui perfino in casa.

Sin da quando aveva messo piede fuori da quel luogo, l'intero suo umore era mutato.

Si mostró tesa, orribilmente disgustata da ció che aveva appena visto e conosciuto, oltre che provato, sulla propria pelle.

Nessuno riuscì a comprendere il perchè di quella reazione tant'è che perfino Allyson si arrese nel comprenderlo e la accusó di avere il ciclo.

Cerys non aveva voglia di parlare e contestare le sue parole, in fondo non ne valeva la pena, almeno per il momento: lei in ogni caso non avrebbe mai potuto capire.

Per tutto il viaggio la ragazza non proferì parola a differenza di Allyson, la quale al contrario si sentiva eccitata per gli abiti e l'aiuto di Oliver, non smetteva di parlarne.

Oh quanto avrebbe voluto farla tacere.

Riuscì a resistere ma giunti in casa di Marianne sentì la necessità di esplodere.

Non potè urlare a squarciagola il suo disappunto, il suo dolore nel sapere che nel giro di pochi giorni l'intero suo passato aveva sopraffatto la sua nuova vita, prima Darren e Julian, poi Oliver; riuscì solo a piangere e a rinchiudersi in una camera che le era stata riservata in quella casa per riprendere fiato, abbozzando una stupida scusa, che peró la fece allontanare da occhi indiscreti.

Dopo circa una ventina di minuti udì qualcuno bussare alla porta.

Con la voce tremante e graffiata ancora per le lacrime, disse debolmente: - Avanti...

- Dovresti scendere di sotto, sembra che tutti siano preoccupati per te - disse una voce fin troppo familiare e che era abituata ad udire soprattutto per certi consigli.

- Non siamo più in casa tua, Darren. Non hai più il diritto di venirmi a disturbare. - sbuffó Cerys con fare combattivo anche se stava cercando di asciugare le lacrime.

- Non vuol dire che io non possa darti degli ordini - ribattè Darren chiudendo la porta della sua camera ma facendo attenzione a non fare rumore.

- Ma insomma, cosa diavolo vuoi? - chiese ad un certo punto Cerys esasperata e continuando a piangere incessantemente, alzandosi di colpo dal letto in cui giaceva.

- Non urlare! - la zittì immediatamente Darren tappandole la bocca con una mano - Loro credono che io sia in bagno!

- É un problema tuo - lo accusó ancora Cerys liberandosi dalla sua stretta - Non voglio vederti! Esci!

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