A fun and little strange trip to Busan

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Le sue dita si aggrappavano forti ad ogni curva, tra le pieghe di quella maglia nera della ragazza davanti a sé, mentre i suoi occhi color nocciola guardavano grandi il mondo intorno a se venire storpiato dalla velocità che la faceva sentire come su una navicella spaziale pronta a fare un salto temporale.

Si sentiva così estranea a quel mondo che stava osservando da là seduta su quella cosa, un mondo di cui tanto aveva sentito parlare, un mondo al di fuori della sua quotidianità, dalla sua vita;  eppure allo stesso momento si sentiva così parte di ciò che la circondava, anche se per pochi secondi, anche se probabilmente non avrebbe mai rivisto più niente di tutto quello, quel nuovo sembrava così invitante, così accogliente dal poterla accettare anche se solo per un piccolissimo momento, facendola sentire parte di qualcosa.

Avrebbe dovuto aver paura, era sicura di avere paura, eppure il battito forte del suo cuore, impaurito dal ruggito risonante di quel motore che sfreccia su quella strada, non era niente in confronto alle immagini che scorrevano davanti ai suoi occhi così veloci, così sfuggenti, rubando la sua attenzione.

Alcune di queste immagini, nella loro effimerità dell'attimo, rimasero impresse nella mente della castana.

Come quella della città di Seoul che sulla linea dell'orizzonte pian piano si rimpiccioliva sempre di più, i suoi alti grattaceli diventando sempre più bassi, più piccoli dello stelo di un fiore, le persone ormai più trasparenti di un ricordo, le luci soltanto dei lontani bagliori, come un faro nel mare lontano, dal quale la nave si allontana guidata dal vento che rigonfia le sue vele verso l'ignoto davanti a se.

Anche il vento era protagonista di quei piccoli momenti, camminando affianco a loro due, o meglio gareggiando con loro ma nel verso opposto, come se lui e le ruote di quella moto che correvano sull'asfalto si stessero sfidando a chi raggiungesse prima due traguardi diversi e opposti, una sfida senza vincitore, senza fine. E così volteggiava anche tra i loro corpi, mettendo a dura prova quel giacchetto di pelle sintetica che Yeji aveva stretto forte attorno a se, dal quale sentiva risalire verso il suo volto, protetto da un casco ma con la visiera aperta, non solo il freddo di quella notte ma anche il profumo di quel tessuto che sembrava essere appena uscito da una lavanderia.

E mentre quel profumo le cingeva il busto in un abbraccio di calore, lei altrettanto cercava in un misero tentativo di restituire il favore a Ryujin, cercando di ricambiare e sostituire l'abbraccio del suo amato giacchetto con quello delle sue braccia. Forse non sarà stato così efficiente, le sue braccia non potevano proteggerla da quel vento ostinato come quel tessuto, né tanto meno potevano trasmetterle calore per contrastare le temperature rigide di quella notte come l'imbottitura di quel giacchetto, ma questo non l'avrebbe fermata dal provarci.

Peccato che Yeji non potesse leggere i pensieri della blu, o meglio interpretare le sue emozioni per conoscere come la ragazza non si fosse mai sentita più al sicuro e al calore di quel momento, tra le sue braccia.

Mentre la castana osservava il mondo intorno a se, i suoi occhi piano piano si levarono, seguendo la traiettoria che il fumo fa, dal basso verso l'alto, dalla terra verso il cielo, dalla prigione della realtà verso la libertà.

Eppure anche quella sera il cielo non era stato clemente con le due ragazze. Nel vasto cielo nero sopra le loro teste, piccole chiazze leggermente più chiare coprivano quella volta, quasi indistinguibili a un occhio non attento, nascondevano agli occhi speranzosi di Yeji ancora una volta l'oggetto del suo desiderio.

Prima nascoste dalle luci artificiali, adesso da delle nuvole passeggere, che evidentemente si erano scordate di essere erranti, avendo trovato un posticino confortevole, forse troppo confortevole dove sostare un po' di più del solito.

Ma la castana non si fece scoraggiare dall'assenza delle stelle perché per la prima volta si rese conto che c'era tanto ancora da vedere la giù, nel mondo in cui viveva, di cui faceva parte. Le stelle sarebbero rimaste sempre lì, lassù in alto, pronte a essere viste e riviste, anche da lei prima o poi.

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