47. Contrappasso

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Jim sedeva al centro della stanza, circondato da un'infinità di occhi che lo scrutavano

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Jim sedeva al centro della stanza, circondato da un'infinità di occhi che lo scrutavano.

La prigione che Lucindra aveva fatto predisporre appositamente per lui consisteva in un cubo rivestito interamente di specchi. Il soffitto era uno specchio. Il pavimento era uno specchio. Ogni superficie moltiplicava la sua immagine e quella dei pochi oggetti che occupavano l'ambiente, creando un gioco ottico per cui si aveva l'impressione di trovarsi in un ambiente infinito.

Aperto. Libero.

C'erano solo le comodità basiche - gabinetto, lavandino e il materasso su cui Jim era seduto, scalzo e a gambe incrociate - ma gli era praticamente impossibile utilizzare qualunque cosa senza un aiuto esterno, nelle condizioni in cui si trovava. Per prima cosa, gli uomini di Sinclair gli avevano fatto indossare una camicia di forza, in modo che avesse braccia e mani completamente immobilizzate; nei loro sguardi era dipinto un sadico compiacimento nel vederlo così impotente, mentre, spezzato dal dolore, non riusciva a fare altro che fissare il punto nel cielo da cui Alycia era precipitata, come in trance.

Poi gli avevano calato un sacco sulla testa, facendolo piombare nel buio, e quando glielo avevano rimosso si era ritrovato solo in quella cella priva di porte, finestre, orologi e punti di riferimento.

Aveva intuito immediatamente che sarebbe stato inutile tentare la fuga, ma si era rifiutato di darsi per vinto senza provare: così, era partito alla carica contro la parete di fronte, pensando con tutta la sua Volontà a uno specchio qualsiasi fuori di lì, ma appena oltrepassata la superficie riflettente, era stato nuovamente catapultato nel cubo, passando attraverso il muro opposto. E così per il pavimento: sprofondandoci era finito col piovere dal soffitto.

A ogni fallimento, gli sembrava quasi di sentire la voce di Lucindra commentare: "Sono certa che ti divertirai qui, Attraversaspecchi."

Aveva ritentato. Ancora. E ancora, fino a ricadere sul materasso, esausto, in un bagno di sudore e quasi senza più neanche più il fiato per urlare la sua frustrazione.

Ma di nuovo aveva proibito a se stesso di arrendersi a quella condizione.

Lucindra gli aveva portato via tutto ciò per cui valeva la pena continuare a vivere... le avrebbe restituito il favore. Fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto.

Oh sì, avrebbe tolto di mezzo il suo Plasmavuoto una volta per tutte.

Anche senza mani, c'erano un'infinità di modi in cui avrebbe potuto uccidersi. Sbattere la testa contro il lavello fino a spaccarsela, annegarsi, rompere uno specchio per tagliarsi la gola...

Ma la sua avversaria doveva aver messo in conto anche quello, perché, a parte il materasso, qualsiasi altro oggetto smetteva all'istante di essere solido non appena Jim provava a usarlo per farsi del male.

Fu probabilmente quella la cosa che più di ogni altra gli fece perdere la testa.

Non aveva neanche il diritto di decidere se mettere fine alla propria vita, perché ormai neanche quella gli apparteneva più. Era a tutti gli effetti proprietà di qualcun altro.

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