10. Come il Fuori così il Dentro - prima parte

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Se Solomon Blake era un uomo di parola, Jim non aveva intenzione di dimostrarsi da meno; ogni mattina si svegliava all'alba, rubava una brioche alla tenda della mensa e la trangugiava mentre pedalava per circa due chilometri fino alla piantagione,...

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Se Solomon Blake era un uomo di parola, Jim non aveva intenzione di dimostrarsi da meno; ogni mattina si svegliava all'alba, rubava una brioche alla tenda della mensa e la trangugiava mentre pedalava per circa due chilometri fino alla piantagione, riuscendo ad arrivare in tempo per le lezioni già sudato e col fiatone.

Era la prima volta che sperimentava qualcosa di simile alla scuola; sua madre aveva iniziato a insegnargli a leggere alla fattoria, ma poi era entrato nella compagnia, e se non fosse stato per Joel King, che interrogava ogni giorno lui e Arthur su tabelline e frazioni, o per i libri che gli forniva Margot, sarebbe rimasto pressoché analfabeta, visto che al direttore della sua istruzione non fregava proprio niente.

Per fortuna, Jim imparava in fretta ed era un assiduo divoratore di storie: amava in particolare le biografie dei grandi uomini del passato, voleva sapere tutto su di loro, aneddoti, curiosità, cosa li avesse resi tanto straordinari. Aveva così imparato che Alessandro Magno aveva conquistato parte dell'Asia a soli trent'anni, che Leonardo da Vinci scoprì il funzionamento del cuore umano dissezionando cadaveri, o che Napoleone fuggì dal suo esilio durante un ballo in maschera.

Non aveva idea, però, che l'alchimia fosse nata in Egitto, o che i più antichi magi fossero originari della Persia. Non conosceva i Sette Principi Ermetici, né la differenza tra teurgia e goetia. E di sicuro non aveva mai studiato la Cabala.

Nonostante fossero appena agli inizi, Blake non ci andò per nulla leggero con lui: alternava lunghe digressioni storiche a complesse nozioni di teoria magica, ma non tornò più sull'argomento Arcanta, né accennò qualcosa del suo passato o sui motivi che lo avevano portato a New Orleans. L'unica cosa che al momento sembrava chiara era che quella che i più chiamavano volgarmente "magia" - anche se Blake preferiva il termine "scienza occulta" - era manipolazione della materia ai suoi livelli più elementari:

«Ogni cosa nel mondo può essere scomposta infinite volte» gli spiegò un giorno, tracciando sulla lavagna due cerchi concentrici. «Ciascuna componente è sia un "Uno" a sé stante che una parte del "Tutto": tra essi esiste un dialogo continuo, basato sulla Reciprocità e sulla Somiglianza.»

Il Tutto continuava a ricorrere in qualsiasi argomento trattassero, ma Jim non credeva di aver afferrato con esattezza cosa fosse. Blake ne parlava come una sorta di energia allo stato di potenza: era ovunque, sia negli oggetti inanimati che negli esseri viventi. Ed era proprio questa energia a conferire ai maghi i loro poteri...

«Un mago interagisce col Tutto tramite la propria Volontà» proseguì. «E per Volontà non intendo uno sforzo: vedila più come una calma determinazione.»

Si parlava sempre e solo di questo: ogni cosa era parte del Tutto e non poteva esserne separata, e fin qui tutto ok, ma poi Jim iniziava a perdersi, perché se ogni "Uno" era legato al Tutto tramite un'innata Somiglianza sostanziale, era pur vero che se ne distingueva per una Differenza di tipo formale...inoltre, tramite la Volontà, uno stregone condizionava il Tutto, ma per farlo era necessario abbandonarsi a esso. Abbandonarsi a qualcosa per controllarla. A Jim sembrava più che altro una mera contraddizione e che non avesse il minimo senso.

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