4. Festino di mezzanotte

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Jim camminava lungo il binario ai limiti della città di tela, adesso buia e silenziosa

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Jim camminava lungo il binario ai limiti della città di tela, adesso buia e silenziosa.

Era una notte incantevole; la luna piena inondava il prato di un chiarore metallico e la lunga fila di vagoni proiettava ombre nette come ritagli. L'aria fresca e umida risuonava del frinire dei grilli.

Il ragazzo si fermò all'ingresso di un carrozzone e bussò alla fiancata. Poco dopo, si udì il rumore di una catena sciolta e il portellone si aprì, mostrando il volto sorpreso di Arthur King.

«Oh, sei tu.»

«E chi aspettavi, il corpo di ballo di Ziegfeld (1)?»

Arthur rise e aprì di più. «Entra, idiota, prima che ti veda qualcuno!»

Sottili strisce di luce lunare filtravano dalle assi sbilenche del carro bestiame.

Metà del vagone era occupata dalla gabbia di Joel, che dormiva accucciato sul fondo e russava sonoramente. Nell'altra parte del vano, era stata ricavata una stanzetta illuminata da una lampada al cherosene posata su una cassa rovesciata assieme a una scodella di zuppa di fagioli lasciata a metà. Una malandata copia di The Weary Blues giaceva aperta sopra una branda, nel punto in cui Arthur aveva interrotto la lettura.

«Maurice sa che sei qui?» domandò a Jim, sedendosi. «Non gli piace che vieni da questo lato del treno.»

La gerarchia tra i dritti che abitavano il convoglio veniva rispettata in modo ferreo, sia dagli artisti che dagli operai: ai primi spettavano le carrozze più lussuose, situate in coda alla carovana. Era lì che abitava anche Jim, in una piccola cabina tutta per sé. Gli operai, invece, occupavano le cuccette tra i carri bestiame e la Squadriglia Volante (2).

Ma Arthur era un caso particolare. In quanto figlio di un musicista, finché Joel King era nell'orchestra viveva insieme agli altri artisti. Dopo la presunta morte del padre però, il ragazzo era stato declassato al serraglio: troppo diverso dai comuni operai perché fosse accettato tra loro, gli era stata offerta una sistemazione provvisoria insieme a Joel, in modo che continuasse a prendersene cura personalmente.

«A discapito di quello che gli piace pensare, Maurice non decide ogni mio spostamento.» Jim fece il giro della stanza, curiosando tra gli oggetti di Arthur. In verità non c'era molto tra cui curiosare, a parte un baule chiuso col lucchetto, catino e brocca per la toeletta, una pila di libri della Harlem Renaissance (3) appartenuti a Joel e una camicia pulita appesa a un chiodo.

«Forse, ma è pericoloso gironzolare da queste parti quando fa buio» disse Arthur. «Gli operai bevono tutta la notte quello schifo di moonshine (4) e diventano rissosi, meglio stargli alla larga.»

Jim prese un libro dallo scaffale e lo sfogliò distrattamente. «Volevo assicurarmi che stessi bene.»

«Sto bene, è stato un buono spettacolo. O almeno, Maurice non si è lamentato.»

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