5. L'uomo con la bombetta

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Con tutto quell'alcol in circolo, a Jim sembrò di metterci una vita a ripercorrere il binario a ritroso

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Con tutto quell'alcol in circolo, a Jim sembrò di metterci una vita a ripercorrere il binario a ritroso. La notte stava diventando più fredda e buia e i carri incombevano spettrali nei loro mantelli di ombre.

Mentre camminava, con la vista che di tanto in tanto si sdoppiava, gli avvenimenti della serata gli rimbalzavano in testa senza un ordine preciso: lo spettacolo di magia, la situazione senza via d'uscita di Arthur, il pericolo degli Accalappiatori...un ruminare ininterrotto di pensieri a cui il whisky dava consistenza fluida, scivolosa, rendendo difficile trattenerli nella mente troppo a lungo...

Devo pisciare.

Si fermò accanto a uno dei carri piatti, sbottonò i pantaloni e stette lì, cercando di non farsela sulle scarpe.

Improvvisamente, un suono strisciante fra l'erba alta attirò la sua attenzione e Jim si voltò per ispezionare il prato alle sue spalle. «Chi c'è?»

Il vento gli restituì solo una lugubre serie di fruscii e il latrato di un cane in lontananza. Riabbottonò in fretta i pantaloni e si convinse a riprendere il cammino, ma per qualche ragione non si sentiva più tranquillo. Poco dopo, infatti, colse un movimento tra i vagoni.

«Si può sapere chi è?» chiese, alzando la voce; un brivido di inquietudine lo attraversò, e la sua parte paranoica tornò a quanto detto da O'Malley a cena sugli Accalappiatori.

L'ombra si mosse di nuovo. Poi, una voce non proprio sconosciuta disse: «Bene bene. Guarda chi si gode una passeggiatina al chiaro di luna.»

Uscì allo scoperto. Jim aguzzò la vista, ma gli servì comunque qualche istante per rendersi conto di chi fosse. «Non sei quel tizio di stamattina? Bobby?»

«Donnie» rispose lui, a denti stretti. «Donnie Winters, se vuoi saperlo.»

«Be', lieto di rivederti, Donnie Winters. Ma è un po' tardi per gli autografi, non ti sembra?»

«Non voglio un autografo del cazzo!» sbottò lui, accendendosi. «Sono qui perché, come ho cercato di farti capire stamattina, hai scherzato con la persona sbagliata.»

Jim aprì la bocca, sbalordito. Poi, senza riuscire a trattenersi, gli scoppiò a ridere in faccia.

«Lo trovi divertente?!»

«No, lo trovo stupido» ribatté Jim. «Tu che rimani ad aspettarmi quaggiù, al buio, per ore...»

«Lurido figlio di puttana!» sbraitò Donnie. «Vedremo se ti sembrerò ancora uno stupido!»

Gli arrivarono alle spalle; probabilmente, se i suoi riflessi non fossero stati alterati, li avrebbe anche sentiti. Qualcuno lo afferrò con una presa da orso. Qualcun altro, invece, gli assestò un pugno nello stomaco che gli tolse il respiro. Le ginocchia gli si flessero, mentre tossiva e boccheggiava.

«Legategli le mani» disse Donnie, la voce ferma di chi è abituato a impartire ordini. «Che non possa fare quei suoi giochetti del cazzo.»

L'orso che lo aveva placcato gli piegò le braccia dietro la schiena, in maniera così salda che sentì le ossa scricchiolare. Qualcosa di ruvido gli strinse i polsi. Ma Jim stava ancora cercando di tornare a respirare.

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