34.Una fine per un nuovo inizio

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Perché se incontrarsi resta una magia,
è non perdersi la vera favola.
Massimo Gramellini

Taylor

Ricominciare: un verbo tanto semplice ma un'azione molto complicata da riuscire a compiere. Come si riesce a cancellare dalla memoria ogni attimo trascorso tra le grinfie di quel mostro? Quasi tutte le mattine mi sveglio accaldata, la notte continuo a fare incubi raccapriccianti. 

Il suo sguardo agghiacciante compare nella mia mente, non riesco a dimenticare le sue mani sul mio fisico, il nastro adesivo sulla bocca e l'abuso su di me; l'unico sollievo che provo, è sapere che lui resterà in carcere per tanto tempo. 

Dopo l'intervento d'urgenza - eseguito quando mi hanno sparato - Christian ha voluto che trascorressi il periodo di convalescenza a casa sua. Mi ha promesso che non mi avrebbe lasciata, neanche per un secondo. Le uniche volte che resto sola, è durante la giornata: so che lui ha dei turni lunghi. Cerco sempre di farmi coraggio. 

I momenti più difficili giungono quando viene chiamato all'improvviso ed è costretto ad andare in ospedale nel cuore della notte. Come esce dalla porta la serenità scompare, nella penombra compare il volto di Brian che sogghigna. Mi rannicchio in un angolo del letto tremando, continuo a ripetere a me stessa che l'immaginazione si prende gioco di me. 

Nulla è reale, è solo nella mia testa. Finisco per non chiudere occhio fino alla mattina; quando odo il rumore della macchina di Christian che entra dal cancello, salto giù dal letto e corro verso il portone principale. 

Appena apre la porta e lui mi vede con gli occhi gonfi, non dice niente. Sa che le parole non servono, non possono ricucire una ferita così profonda. Mi avvolge fra le sue braccia e quel calore riscalda la mia anima. 

Ancora non riesco a tornare in quel college, ho paura persino a camminare da sola. Ho sempre il timore che possa riaccadere un'altra volta. Dopo i primi mesi - quelli più complicati- sono riuscita a rivelare a Christian cosa provo, a ogni conversazione mi osserva con occhi comprensivi; a volte piango senza motivo ma lui mi lascia sfogare e soltanto dopo calibra bene le parole da rivolgermi. 

Tenta di rassicurarmi dicendomi che ci sono sistemi di allarme in ogni stanza, telecamere nascoste all'esterno così da osservare ogni movimento. Fingo di tranquillizzarmi, ma dentro la mia paura logorante non mi lascia mai in pace. 

Non voglio dargli troppe preoccupazioni perchè esegue interventi delicati salvando molte persone. Non può pensare sempre a me se la vita di qualcuno dipende strettamente dalla sua lucidità. 

Non avrei mai pensato che questo periodo potesse diventare il più difficile di tutta la mia vita, anche peggio dell'affrontare il lutto per la perdita della nonna. Una notte, mentre dormivamo insieme nel letto, Christian mi sfiorò involontariamente ruotando nella mia direzione, balzai in piedi presa da un'ansia irrefrenabile. 

Nello scendere tirai con forza la coperta; lo scopo fu quello di coprire il mio corpo e mi spostai a osservare dalla finestra tentando di respirare profondamente. Cercavo un sistema per placare il costante timore di percepire ancora quelle mani sudice su me. 

Attraverso quel gesto lo svegliai e gli dissi di tornare a dormire, non era accaduto nulla di grave. Lui non mi credette, si alzò e si avvicinò. Incrociai il suo sguardo, era seriamente preoccupato. Tornai a sentirmi un peso, quello che lui non aveva bisogno di sopportare. Ha sofferto così tanto durante la sua vita, non merita di avere con sé un caso perso come me. 

Con il lenzuolo coprii anche il viso, mi sentivo inadatta a gestire la situazione. Percepii il suo respiro sulla mia testa e, con molta pazienza, spostò quella stoffa. Ci osservammo dritti negli occhi e scoppiai a piangere. Ero stupida, come facevo ad avere timore di lui? Oppure a escluderlo richiudendomi nel silenzio che mi sta solo distruggendo? 

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