6. Lividi

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Il trauma è personale. Anche se viene negato,
esso non scompare. Quando è ignorato o negato,
le grida silenziose continuano interiormente
e vengono sentite solo da chi ne è prigioniero.
Quando qualcuno entra in quel dolore
e sente le urla, la guarigione può iniziare - Danielle Bernock

Christian

Gennaio 1999

Trauma, l'unica parola per descrivere quello che sto passando.

Lividi, segni indelebili che ho sulla mia pelle.

Pianto, la sola valvola di sfogo che mi resta.

Speranza, la misera certezza che mi è rimasta.

Ogni limite è stato superato. Siamo entrambi spezzati, distrutti e ridotti ad anime perse. Le lacrime di mia madre scorrono come un fiume in piena. Non è mai stata spogliata del suo pudore, del suo senso di forza che ha imparato a costruire negli anni.

Non sono abbastanza coraggioso per sovrastare quel mostro, non dopo che torna sbronzo a casa avendo sperperato in giro i soldi che mia madre riesce a recuperare a fine mese. Vorrei avere la capacità di trasformarmi in un eroe come Superman o Ironman ogni volta che la tocca, solo in questo modo potrei batterlo.

So che lui non è il mio vero padre e non deve per forza amarmi, ma almeno dovrebbe essere un sostegno per lei, invece di un peso. È straziante vederla piangere, crollare e camuffare tutto quando appaio davanti ai suoi occhi. So che sta male ma lei continua a dirmi ' Non è nulla tesoro, affronteremo tutto. Insieme. '

Stanotte, verso le due, vengo svegliato di soprassalto da delle urla strazianti. Nascondo il viso sotto le coperte cercando di credere che quel suono non sia reale ma, stia accadendo solo nella mia testa. Provo a convincermi dell'esistenza di un incubo. Quando mi sveglierò, tutto tornerà alla normalità. Tuttavia, quelle grida continuano senza sosta.

La mamma mi ha detto che non devo uscire dalla mia stanza, fingere che non sta succedendo nulla ma come posso se il mio cuore si frantuma ogni volta che la sua voce mi lacera i timpani? Sposto il lenzuolo e lentamente scendo.

È tutto buio, così cerco a tastoni le mie pantofole. Appena le trovo, le indosso e, con molta cautela, mi appropinquo a uscire. Senza provocare rumore, mi avvicino verso la camera della mamma. All'improvviso quell'uomo viscido spalanca la porta e si manifesta davanti a me.

Gli occhi sono rossi, le sue mani vibrano e un sorrisetto sporco di sangue sogghigna. Guardo intorno in cerca di lei e la vedo lì, mezza spoglia, con un occhio nero e dei graffi lungo le braccia e le gambe. Tremo come una foglia, mi sento impotente davanti a quella belva feroce.

Lei prega che non mi faccia del male ma qualcosa dentro di me scatta e comincio a prenderlo a pugni contro lo stomaco, piangendo dalla disperazione. Non può picchiarla, lei non lo merita.

Lui continua a ridere come se il mio tocco fosse solo un leggero pizzicotto. Mi afferra il braccio e stringe sempre di più, un dolore logorante investe la mia pelle che diventa violacea. La mamma scatta in piedi correndo verso di me, strappandomi da quella morsa infernale.

Mi abbraccia ma l'energumeno sferra un pugno spaccandole uno zigomo. Il suo sangue scorre sul mio pigiama sporcandolo. Non soddisfatto del suo operato, apre il cassetto con l'intento di scovare il portafoglio e, non appena lo trova, preleva tutti i soldi, quei pochi dollari che le sono rimasti. Sicuramente li userà per sbronzarsi ancora una volta.

Ci abbandona lì, da soli, con il pudore ridotto a brandelli. È la notte peggiore della mia vita e preferirei restarle accanto. Nonostante ciò, il pomeriggio seguente, lei deve andare a lavoro e io da James, a scuola ci hanno consegnato un progetto.

Dark TruthsWhere stories live. Discover now