25. Una difficile collaborazione

208 37 43
                                    

La rabbia non è solo inevitabile, è necessaria.

La sua assenza indica indifferenza,

la più disastrosa delle mancanze umane.
Arthur Ponsoby

Una settimana dopo...

Christian

Gennaio 2022

Ho scelto di ritornare in quella casa, non so cosa mi spinga a dirigermi in quel luogo, ma spero di trovare delle risposte. Non varco la sua porta da diversi anni; il ricordo delle sue mani gelide mi scaglia colpe su colpe, come una mitragliatrice pronta a perforarmi in ogni centimetro della mia carne. 

Non appena attraverso il portone principale, noto qualcosa di strano. Il caminetto è acceso, le finestre sono chiuse e ogni mobile è ordinato; nulla è fuori posto. Volgo lo sguardo a sinistra e, passando l'indice su una cassapanca, non riscontro nessun alone di polvere. 

Sembra tutto surreale, quasi da dubitare anche di essere realmente lì. Percorro il corridoio che mi conduce in soggiorno e la mia attenzione cade su una donna dai folti capelli neri, è accomodata sul divano. È seduta di spalle; quando si accorge della mia presenza, ruota il capo e i suoi occhi azzurri incrociano i miei. 

Rimango interdetto, rivederla mi raggela il sangue. Lei si alza e, avvicinandosi, mi abbraccia. In quel momento non so come comportarmi, il suo tocco provoca in me un concentrato di emozioni talmente inteso che, sfilandomi da quella presa, mi allontano velocemente. 

‹‹Tesoro, cosa ti succede? Non sei felice di rivedermi?›› mi osserva in apprensione.

‹‹Avrei preferito in altre circostanze.››

‹‹Oh mi dispiace...››

‹‹Sai dire solo quello? La nostra vita è ruotata intorno alla menzogna. E adesso qualcuno ne paga il prezzo! Non so cosa pensare, madre!››

‹‹Ho solo cercato di proteggerti. Volevo...›› la interrompo.

‹‹Cosa? Mentirmi? Dirmi che andava tutto bene? Buttarmi in pasto a un élite sacrificando te stessa? Pensi che non ti avrei amata se fossi andato in una scuola pubblica? Secondo te è stato meglio lasciarmi orfano a soli dieci anni? Adesso, a causa dei tuoi errori, Taylor potrebbe morire.››

‹‹Eri solo un bambino, come potevo dirti che...››

Mi sveglio di soprassalto, la fronte è ricoperta di sudore; alcune goccioline sono cadute sul mio camice. Dopo il mio turno, essendo giunta mezzanotte, non avevo voglia di mettermi in macchina per tornare a casa. L'intervento è durato più a lungo del previsto, quindi ho scelto di dormire nella brandina posta in una piccola stanza dell'ospedale. 

Quel sogno mi ha destabilizzato, non riesco a trovare più un attimo di pace. La piega che hanno preso gli eventi mi tormenta senza sosta. Tolgo gli abiti da lavoro e rimango con un semplice pantalone nero e una maglia blu. 

Esco dalla clinica e, prima di andare via, mi dirigo verso il bar. Lo stomaco comincia a brontolare, necessito di un'alta dose di zuccheri. Quel posto si trova accanto all'ospedale, è abbastanza tranquillo. Giungo lì e scorgo la presenza di Nathan, lo saluto e con la mano mi indica di raggiungerlo. Parlare con qualcuno potrebbe distrarmi un po'. 

Ci sediamo al tavolo esterno e ordiniamo una semplice colazione: delle ottime ciambelle ricoperte di cioccolato e il famoso caffè di questo luogo, un espresso italiano. L'ho sempre preferito a quello americano perché è più corposo, oltre al sapore deciso. 

Dark TruthsWhere stories live. Discover now