CAPITOLO 22

233 40 65
                                    

 Emily aveva cercato di costruirsi una routine. Avere delle cose da fare in determinati orari dava un senso alle sue giornate, che altrimenti sarebbero state vuote. Quando non hai nessuno  accanto con cui condividere il tuo tempo, quel tempo può risultare eternamente lungo.

Così al mattino, appena alzata, usciva per una rigenerante camminata, poi rientrava e dopo una doccia si concedeva una ricca colazione, quindi si dedicava alla cura del piccolo orto che aveva creato sul retro del cottage, oppure leggeva o disegnava. Nel pomeriggio, due volte alla settimana, faceva la baby sitter per una giovane coppia che abitava lì accanto e che aveva una bambina di quattro anni: Julie.

Julie frequentava l'asilo, ma il martedì e il giovedì chiudeva a mezzogiorno ed Emily si era offerta di andare a prendere la bambina e di tenerla fino a quando i genitori finivano di lavorare. Quelle ore erano le più belle e le più spensierate di tutta la settimana. Julie era allegra, curiosa e tanto affettuosa. Salutava sempre Emily, che per lei era la zia Ruth, con un bacio appiccicoso sulla guancia, poi la prendeva per mano e diceva: "Adesso possiamo andale" e le trotterellava a fianco, raccontandole quello che aveva fatto a scuola, finché giungevano a casa.

Quelli, però, erano anche i momenti in cui l'amarezza, per ciò che non aveva potuto avere, si faceva sentire di più. Le mancava il calore di una famiglia, di due braccia che la stringessero e la cullassero, le risate intorno a un tavolo, e perché no anche i pianti inconsolabili e i capricci tipici dei bambini.

Da ragazzina, mentre le sue compagne di classe sognavano di diventare cantanti o attrici famose, lei si immaginava mamma, ma aveva paura di confessarlo perché temeva che il suo desiderio non fosse abbastanza ambizioso e non voleva essere presa in giro per questo.

Adesso, invece, si rendeva conto che essere genitore era il mestiere più difficile e di maggior responsabilità al mondo e riuscire a ricoprire quel ruolo era davvero una fortuna.

Si chiedeva se Dave lo fosse diventato e che tipo di papà fosse: severo? Giocherellone? Paziente? Sicuramente molto amorevole. Chissà se conservava ancora il ritratto che gli aveva fatto e che gli aveva lasciato prima di andarsene con il generale Carter. Gli aveva scritto anche un biglietto, nel quale gli diceva che ogni particolare del suo volto sarebbe rimasto per sempre inciso nel suo cuore, ed era la verità! Quando chiudeva gli occhi lo rivedeva come se fosse davanti a lei; lo aveva amato così tanto! E lo amava ancora...

Si accorse di avere le guance bagnate di lacrime e con rabbia le asciugò con le dita. Ultimamente le capitava spesso di lasciarsi andare ai ricordi e alla malinconia. Forse era stata la morte di Robert a renderla più sensibile e vulnerabile o, semplicemente, era la solitudine che cominciava a pesarle.

Lo squillo del telefono la costrinse a ricomporsi. Era un numero che non conosceva e lì per lì fu tentata di non rispondere, ma l'insistenza della suoneria ebbe la meglio.

"Pronto?!" disse con voce incerta.

"Pronto? Parlo con Ruth Gordon?"

"Sì, sono io..."

"Salve! Sono Jennifer dell'agenzia immobiliare Sweethome... quella che si è occupata della compravendita del cottage. Si ricorda?"

"Sì, certo... C'è qualche problema?" chiese Emily, con una nota di preoccupazione nella voce.

"Oh no, no! Nulla di grave, stia tranquilla. Si tratta più che altro di una questione burocratica. Vede ci siamo accorti che la stima del cottage in nostro possesso non è aggiornata e non vorremmo che il precedente proprietario, il signor Wilson, avesse dei problemi con il fisco quando andrà a dichiararne la vendita..."

"Capisco, ma io cosa posso fare?"

"In realtà nulla, ma avrei bisogno di fare un sopralluogo con un perito di fiducia, per effettuare una nuova valutazione e desideravo concordare con lei una data che possa andar bene."

"Oh... Bé io non ho grossi impegni lavorativi..."

"Allora che ne dice se facciamo la prossima settimana?" propose Jennifer.

"La prossima settimana?! Sì, direi che va bene."

"Ottimo! Parlerò con il perito e poi la richiamo per comunicarle la giornata precisa. Intanto la ringrazio moltissimo per la cortesia e la disponibilità."

"Non c'è di che! Arrivederci, a presto!" rispose Emily prima di riattaccare.

-----°-----

Il circolo degli artisti, a Monticello, altro non era che una stanza di proprietà del Comune messa a disposizione di un gruppo di giovani e meno giovani che amavano definirsi "cultori del bello", annoverando nel bello ogni forma d'arte: dalla musica alla letteratura, dalla scrittura alla pittura.

Quando Dave si presentò lo accolsero con sospetto, intuendo subito dal suo modo di vestire troppo ordinario, che non era della loro cerchia.

Alle domande su Robert Bonnet risposero in maniera evasiva. Nessuno di loro era mai stato oggetto di tanto interesse e chiesero il perché.

"Ho acquistato alcuni suoi disegni, per lo più ritratti e mi sto per sposare... Ecco vorrei che ritraesse me e mia moglie mentre ci scambiamo le fedi."

Nella stanza calò un silenzio imbarazzante. "Ho detto qualcosa di sbagliato?" chiese Dave.

Fu un uomo di mezza età a rispondere: "Temo che dovrà cercare qualcun altro perché Robert se n'è andato..."

"Come andato?"

"E' morto un po' di tempo fa!"

"Mi dispiace moltissimo... E com'è morto?"

"Era malato" rispose sempre lo stesso uomo "un cancro ai polmoni... Ruth voleva che si curasse, ma lui non ha sentito ragioni... Era un gran testardo, pace all'anima sua..."

"Ruth?! Chi è Ruth?" chiese ancora Dave, che aveva ricominciato a sperare.

"La sua ragazza... Almeno è quello che Robert voleva far credere, ma non lo so se stessero veramente insieme... Comunque anche Ruth era una pittrice. Lei sì che era davvero in gamba. In realtà credo che la maggior parte dei disegni di Robert fossero suoi, solo che lei non voleva che si sapesse...strano, davvero strano. Però adesso che ci penso dovrebbe chiedere a lei di farle il ritratto."

"E dove la posso trovare?"

"Chi?"

"Ruth, dove posso trovare Ruth?" ripeté Dave, che cominciava a perdere la pazienza.

"Ah Ruth... Purtroppo anche lei se n'è andata."

Dave sbarrò gli occhi e l'altro si corresse subito: "No, no, non in quel senso, che ha capito! Dopo la morte di Robert è andata via e nessuno l'ha più vista..."

Dave si trattenne ancora qualche minuto, ma per quanto insistesse non riuscì a ottenere nessun'altra informazione. Era arrivato a un punto morto e si chiese se fosse davvero il caso di continuare a cercare o se, invece, non fosse giunto il momento di chiudere quel capitolo della sua vita e andare avanti.

Lei sembrava averlo fatto, forse, doveva farlo anche lui.

IDENTITA' NEGATADove le storie prendono vita. Scoprilo ora