CAPITOLO 10

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 "Io non vengo!" disse decisa Emily incrociando le braccia davanti al petto, come una bambina capricciosa.

Dave sospirò esasperato. "Non correrai nessun pericolo, te lo prometto. Se non andassimo Clark si chiederebbe perché e questo potrebbe essere un problema, fidati!"

Lei gli lanciò un'occhiata poco convinta. "E dovremmo continuare a fingere di essere fidanzati?"

"Bé direi di sì, ma se la cosa ti fa stare più tranquilla ci fermeremo solo lo stretto necessario a evitare che si facciano troppe domande e poi che ne andiamo..."

"Non credo di poterlo fare."

"Perché? L'altra volta hai recitato benissimo... Cosa c'è di diverso ora?"

Lei lo guardò: davvero non capiva? "Dopo che mi ha definito una sua responsabilità, una palla al piede, non credo di riuscire a mostrarmi molto affettuosa."

Aveva ripreso col "lei" e la cosa non sfuggì a Dave.

"Non ho mai detto che sei una palla al piede."

"Il senso era quello... O lo vuole negare capitano Wilson?"

"Se la metti così ti ho anche pregato di non rendermi il compito di proteggerti troppo difficile... ma tu lo stai facendo" concluse beffardo inchiodandola con lo sguardo.

Si sfidarono con gli occhi, come già era accaduto, finché un lungo sospiro di rassegnazione gli fece capire che Emily aveva ceduto.

"D'accordo" disse quest'ultima "ma se qualcosa va storto non se la prenda con me!"

Era stata una battaglia estenuante. Quella ragazza sapeva essere davvero irritante, riconobbe Dave, eppure anche quel lato del suo carattere gli piaceva. Sapeva tenergli testa, non era mai scontata e reagiva alle provocazioni dimostrando di avere un carattere tutt'altro che docile, nonostante le apparenze. E questo, probabilmente, le aveva permesso di superare tutte le dure prove che la vita le aveva già messo davanti.

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-Perché doveva essere così ostinato?- continuava a chiedersi Emily mentre si preparava per quella serata che per lei sarebbe stata una vera tortura. Possibile che non capisse quanto si sentiva a disagio quando gli stava vicino? - O forse -, si disse - il motivo era proprio quello: ci godeva a vederla in difficoltà!-

Di una cosa era più che sicura: ogni giorno che passava faceva sempre più fatica a nascondere i propri sentimenti.

Si diede un'ultima occhiata allo specchio e, dopo aver preso un profondo respiro, raggiunse Dave che la stava aspettando all'ingresso.

Non aveva portato con sé abiti eleganti perché sapeva benissimo che quella non era una vacanza, per cui si era arrangiata con ciò che aveva, ma il risultato, alla fine, l'aveva resa soddisfatta: un semplice paio di jeans che le fasciava alla perfezione le gambe snelle abbinato a un giubbino sempre in jeans, una canotta aderente e le intramontabili scarpe da tennis. Aveva lasciato sciolti i capelli, che lei considerava il suo punto di forza, e sulle labbra aveva steso un leggero strato di rossetto di un tenue colore rosato. L'espressione di Dave le fece intendere che, per una volta, aveva fatto la cosa giusta.

"Pronta?" le chiese.

"Se non ha nulla da obbiettare direi di sì... possiamo andare".

Lui inarcò un sopracciglio, ma preferì non replicare o avrebbero iniziato nuovamente a litigare e le offrì la mano, ma lei lo ignorò.

Si sentiva tesa come la corda di un violino e questo non era dovuto solo alla vicinanza del capitano Wilson, ma anche al fatto che erano anni che non andava più alle feste e non frequentava gente della sua età.

Quello che era accaduto alla sua famiglia, aveva stravolto completamente la sua vita costringendola a un ritiro quasi monacale e ora non sapeva più come comportarsi in certe circostanze. Doveva sorridere? Di cosa avrebbe parlato? E se qualcuno le avesse chiesto informazioni sui suoi genitori o se avesse dei fratelli o delle sorelle, cosa avrebbe dovuto rispondere?

"Sei preoccupata?" le chiese Dave, che aveva notato quanto fosse taciturna.

"Un po'... No anzi sono terrorizzata. E' proprio sicuro che non corriamo nessun pericolo di essere scoperti?"

"Non ti farei mai correre dei rischi inutili, Emily, credimi. Siamo in un'altra contea, il processo di tuo padre si svolgerà a porte chiuse e da quanto ho appreso dal generale Carter, sembra che la tua assenza non sia stata ancora notata... E per quanto sia brutto da dire sono passati cinque anni dal rapimento e dall'uccisione di tua sorella. La vicenda, allora, ha attirato l'attenzione dell'opinione pubblica, ma la gente, purtroppo o per fortuna, dimentica in fretta. In ogni caso non ci fermeremo più del necessario, te lo prometto!"

Lei annuì e cercò di rilassarsi. Quando arrivarono la festa era già iniziata. Nel locale sulla spiaggia, dove Clark aveva dato loro appuntamento, c'era già della gente che si divertiva, chi ballando, chi chiacchierando e bevendo birra e chi semplicemente osservando gli altri.

Parcheggiarono e prima di entrare Dave porse nuovamente la mano a Emily che, questa volta, l'afferrò saldamente.

Furono presentati ad alcuni ragazzi e poi si accomodarono a un tavolo insieme a Clark e un paio  di suoi amici che non la smettevano di parlare. Dave si offrì di andare a prendere da bere per tutti e uno dei ragazzi approfittò della sua assenza per invitare Emily in pista. Lei non ci vide nulla di male, anche perché la musica non era lenta, e accettò. Era da tantissimo tempo che non faceva più quelle cose e si lasciò andare, ma poi le note cambiarono e lei si ritrovò tra le braccia di quello sconosciuto che la stringevano. Fu in quel momento che notò Dave avvicinarsi con un'espressione indecifrabile in viso e ne ebbe quasi paura. Bastò un cenno perché l'altro la lasciasse andare e lei si ritrovasse stretta al petto del capitano Wilson.

Le sue mani le accarezzavano piano la schiena e le venne naturale alzare le braccia per cingergli il collo. Poteva sentire il suo profumo, il suo respiro, il battito del suo cuore e quando trovò i suoi occhi che la scrutavano con un'intensità tale da arrivare fino in fondo all'anima, non resistette oltre e si staccò da lui.

"Andiamo via, non mi sento bene... Per favore" lo supplicò.

"Che ti succede?" le chiese preoccupato Dave.

"Niente, ho solo bisogno di un po' di aria fresca. Portami fuori di qui!" ripeté.

Salutarono e ringraziarono in fretta, con la scusa che si era fatto tardi e che l'indomani volevano alzarsi di buon'ora per raggiungere una spiaggia distante un paio d'ore d'auto.

Quando raggiunsero il piazzale esterno, dove avevano parcheggiato l'auto, Dave propose di fare due passi lungo il lungomare ed Emily acconsentì. Camminare l'avrebbe aiutata a schiarirsi le idee, ma si sbagliava. Man mano che procedevano, allontanandosi dal paese, incontravano coppiette che passeggiavano tenendosi per mano, altre sedute sulle panchine che si scambiavano timidi baci e carezze, altre ancora che, abbracciate, parlavano del loro futuro insieme e, allora, quella sensazione di soffocamento e inadeguatezza di poco prima l'assalì di nuovo. Si girò di scatto andando a sbattere contro il corpo muscoloso di Dave che la prese saldamente tra le braccia.

"Cosa c'è? Stai male?"

Lei si divincolò procedendo spedita verso la macchina: "Voglio tornare a casa! Venire qui è stato un errore" disse solamente, eludendo la sua domanda ed evitando di guardarlo in faccia.

IDENTITA' NEGATAWhere stories live. Discover now