CAPITOLO 11

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 Era evidente che voleva evitarlo il più possibile. Rannicchiata sul sedile, col viso rivolto al finestrino e lo sguardo fisso a guardare fuori il buio, cercava di stargli lontano, di sfuggire ogni contatto, anche visivo. Dave intuiva che stesse combattendo una battaglia di sentimenti e gli si spezzava il cuore nel vederla così sconvolta, ma non sapeva cosa fare per aiutarla. Se provava ad allungare una mano, lei si ritraeva; se cercava i suoi occhi lei li abbassava ostinata; se tentava di parlarle lei rispondeva a monosillabi. Per la prima volta nella sua vita non sapeva come comportarsi con una donna!

Finalmente, dopo un tragitto che sembrò infinito a entrambi, arrivarono a casa.

Emily scese velocemente dall'auto e corse dentro, tallonata da Dave che non voleva lasciarla in quelle condizioni.

"Emily, per favore fermati!" le gridò "Se ho fatto qualcosa di sbagliato dimmelo..."

Lei si bloccò e lentamente si girò verso di lui, il viso rigato da lacrime silenziose.

"Davvero non capisci? Davvero non ti rendi conto di quanto questa situazione mi faccia stare male? Sei proprio così cieco? Come fai a essere sempre così freddo, controllato... Sembra che tutto ti scivoli addosso, che non ti interessi nulla. Dimmi come fai? Perché io non ci riesco..."

"Cos'è che non capisco Emily? Cos'è che non riesci a fare?"

Lei lo guardò rassegnata e con un filo di voce rispose: "Mi sono innamorata di te... e non riesco più a fingere." Poi, prima che lui potesse dire qualcosa, si voltò e si chiuse in camera. Si appoggiò alla porta e si lasciò scivolare a terra. Raccolse le gambe contro il petto e vi poggiò sopra la fronte chiudendo gli occhi.

Perché doveva essere tutto così difficile? Così doloroso? Perché non poteva essere semplicemente una ragazza di ventitré anni che si affacciava alla vita, all'amore con trepidazione ed entusiasmo?

Perché doveva essere lei a pagare per gli errori che altri avevano commesso?

Dall'altra parte di quella stessa porta, Dave cercava di dare un senso a tutto quello che aveva appena sentito: Emily si era innamorata di lui. Non poteva negare di aver intuito qualcosa, soprattutto dopo il ritrovamento del ritratto, ma sentirlo dalla sua voce era tutta un'altra faccenda.

E adesso cosa avrebbe dovuto fare? Come avrebbe dovuto comportarsi?

La ragione gli diceva di lasciar perdere perché quella storia non avrebbe avuto futuro, ma il cuore, quello che lei aveva toccato nel profondo, come mai nessuna prima, nemmeno Kate, gli urlava di andare da lei e di stringerla forte, di cullarla e di rassicurarla.

Non fece nessuna delle due cose, limitandosi a rimanere lì, a fissare quella porta, quel sottile pannello di legno che lo separava da ciò che desiderava di più, incapace di decidere, di fare un solo passo verso o lontano da lei.

Non seppe dire quanto tempo passò, ma alla fine si riscosse dal torpore che si era impossessato di lui e si ritirò nella sua stanza.

Non chiuse occhio.

Ogni volta che ci provava rivedeva il volto sconvolto di Emily e risentiva le sue parole appena sussurrate: "mi sono innamorata di te e non riesco più a fingere..." E lui? Lui sarebbe riuscito ancora a ignorare quel sentimento che, giorno, dopo giorno, si faceva strada dentro la sua anima, reclamando di essere ascoltato? Quanto ancora avrebbe retto?

Si alzò alle prime luci del giorno. Si preparò un caffè e poi si mise al computer per dare una scorsa alle ultime notizie e per controllare le telecamere di sorveglianza.

Emily apparve poco dopo. Neppure lei aveva dormito: il suo sguardo era stanco, spento, gli occhi gonfi e leggermente arrossati.

"Buongiorno", mormorò "non mi aspettavo di trovarti qui... Pensavo fossi fuori a correre."

"No, non ci sono andato..."

"Capisco... Senti riguardo a ieri sera... Ecco, si insomma, volevo scusarmi per averti aggredito in quel modo. Non so davvero cosa mia sia preso... Forse è stata la birra. Dimentica quello che ho detto, ti prego."

Dopo aver pronunciato quelle parole, che le costarono una fatica enorme, fece per andarsene ma Dave la fermò: "Aspetta!" disse, alzandosi dal tavolo e avvicinandosi a lei che gli dava le spalle.

"Non è vero che non capisco, che tutto mi è indifferente, che mi lascio scivolare tutto addosso...Vedo e capisco ogni cosa Emily... Mi chiedi di dimenticare quello che hai detto, ma io non posso farlo, perché quello che senti tu è quello che sento anch'io. Avevo pianificato tutto nei minimi dettagli, ma non avevo previsto d'innamorami di te, per questo ci ho messo tanto tempo ad accettarlo. Non posso prometterti nulla se non di amarti per il tempo che ci è concesso di stare insieme. Non ho altro da offrirti e non so se questo ti possa bastare o se sia giusto..."

Lei si girò, trovando finalmente il coraggio di guardarlo: "Nemmeno io ho qualcosa da offrirti, se non me stessa e non so se questo ti possa bastare o se sia giusto..."

Non aggiunsero altro, non ce n'era bisogno. Si erano arresi. Entrambi avevano deposto le armi.

Dave avanzò ancora di un passo ed Emily fece altrettanto, finché non ci fu più nulla che li separava.

Con una lentezza esasperante lui si chinò a cercare le sue labbra che bramavano quel tocco e che risposero pronte, chiedendo sempre di più. Una mano le cinse la vita, l'altra affondò nei suoi capelli scoprendone la morbidezza, mentre la sua bocca non l'abbandonava un istante. Piano la spinse verso la propria camera, sul proprio letto. Voleva amarla con tutto se stesso: con la vista, ammirando il suo corpo, con il tatto, accarezzandola dolcemente, con l'olfatto, respirando il profumo della sua pelle, con l'udito ascoltando i suoi sospiri. Voleva che quella loro prima volta diventasse per entrambi il ricordo più bello, quello in cui rifugiarsi e ritrovarsi quando tutto sarebbe finito.

IDENTITA' NEGATAWhere stories live. Discover now