CAPITOLO 4

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 Tutto quello che entrava e usciva da villa Foster veniva accuratamente controllato dalle guardie, ma questo non era un problema per il capitano Wilson che pensò di agire proprio in quel momento.

Insieme all'agente Jane Donovan, che assomigliava in maniera straordinaria a Emily, si introdusse nella casa, fingendosi un fattorino del servizio di lavanderia della Father and Son Cleaners' Services. Questo giustificava anche il furgoncino al volante del quale si presentò nel primo pomeriggio del lunedì successivo, dopo aver trascorso l'intero fine settimana a studiare il piano nei minimi dettagli.

All'interno dell'abitazione, Jane ed Emily si scambiarono i vestiti e i pochi indumenti, che quest'ultima aveva preparato per portare con sé, furono fatti passare per biancheria sporca, riposti nelle apposite ceste e caricati sul furgone. Emily, quindi, prese il posto di Jane al fianco di Dave e insieme lasciarono la villa. Jane, invece, sarebbe rimasta con Aaron almeno fino all'inizio del processo previsto da lì a una settimana. Se anche la casa fosse stata sorvegliata, e Dave era sicuro che lo fosse, nessuno si sarebbe accorto di niente, almeno non subito e questo dava loro un certo vantaggio.

Una volta che si furono allontanati finsero un altro paio di consegne e poi rientrarono alla sede della Father and Son. Lì sarebbero rimasti fino al calar della sera quando, con un'altra auto avrebbero raggiunto una località segreta.

Mentre aspettavano, Dave si sforzò di fare conversazione. Non che lo desiderasse in maniera particolare, ma dal momento che avrebbero dovuto condividere le giornate future forse era il caso di conoscersi un po'. Emily, pur essendo carina, non aveva nulla che attirasse l'attenzione, soprattutto maschile, e questa era una fortuna: meno davano nell'occhio meglio era!

"Stai bene?" le chiese.

Lei fece cenno di sì con il capo, poi si tolse il cappello che aveva indosso e una cascata di riccioli castani le cadde morbidamente sulle spalle. "Sì, sto bene" confermò in un sussurro, scostando dagli occhi un ricciolo ribelle.

Da ogni suo gesto traspariva una dolcezza infinita e una sorta di timidezza che tolsero il respiro a Dave. Ma fu solo un attimo, poi si riscosse e chiese ancora: "Hai paura?"

Lei, sorpresa dalla domanda, alzò gli occhi a guardarlo. "Dovrei?" rispose di rimando, poi continuò "No, non ho paura. Ho smesso di averne tanto tempo fa... Quando ti tolgono tutto smetti anche di aver paura..."

Dave non replicò e un silenzio imbarazzante calò tra i due.

Fu lei a romperlo poco dopo. "Dove andremo?"

"In un posto sicuro. Rimarremo lì fino alla fine del processo, poi entrerai nel programma protezione testimoni."

Lei, di nuovo, acconsentì con la testa e un sospiro le uscì dalle labbra.

"Cosa c'è?" volle sapere Dave.

Emily scrollò le spalle: "Nulla, sono solo stanca di tutto questo."

"Bé devi ringraziare tuo padre..."

Un lampo di collera le attraversò gli occhi mentre li puntavi dritto in quelli di Dave.

"Crede, forse, che per lui sia facile? Le ricordo che ha perso una figlia, una moglie e tutto quello per cui ha lavorato una vita intera. Ha sbagliato, è vero, ma forse non ha avuto alternative. Ci ha mai pensato capitano Wilson?" concluse dura.

"C'è sempre un'alternativa", rispose sbrigativo lui raccogliendo i bagagli e dirigendosi verso l'uscita considerando di fatto chiuso quel discorso.

Il viaggio sarebbe durato diverse ore ed Emily ben presto scivolò nel sonno. Da quando erano saliti in auto non avevano più parlato e Dave si sentiva in colpa per come l'aveva trattata. Non era da lui essere così aggressivo, ma aveva trovato la sua pacatezza così irritante da volerla provocare solo per vederla reagire.

Sorrise tra sé e sé: non doveva dimenticare che era solo poco più di una ragazzina! Doveva sforzarsi di essere più indulgente con lei o le prossime settimane sarebbero state un vero disastro.

Arrivarono a destinazione che era quasi l'alba. Lungo il tragitto si era fermato per fare rifornimento e comprare dei viveri, lo stretto indispensabile, e ora non vedeva l'ora di farsi una doccia e concedersi una bella dormita.

"Emily, siamo arrivati" le disse scuotendola delicatamente per una spalla.

La ragazza aprì gli occhi e si rizzò a sedere. "Dove siamo?" chiese guardandosi intorno.

"Nella contea di Collier e quello è l'albergo che ci ospiterà per le prossime settimane" rispose Dave indicandole un piccolo cottage isolato non lontano dal mare.

"E' tuo?" domandò passando a dargli del "tu".

"Sì, l'ho acquistato anni fa ma non ci sono mai venuto."

Emily alzò un sopracciglio sorpresa: "Come mai?... E' molto bello qui... Trasmette un profondo senso di pace..."

"E' una lunga storia" tagliò corto Dave.

"E immagino sia personale, vero capitano Wilson?" Senza attendere risposta gli passò accanto ed entrò in casa. Non era grande: due camere da letto, un bagno, un angolo cottura e una piccola sala da pranzo con un divano addossato a una parete, ma molto luminosa.

"Scegli pure la stanza che vuoi."

"Non voglio invadere i tuoi spazi più del necessario, per cui prendo la stanza singola"

"Benissimo. Io ora, se non ti dispiace, ho bisogno di qualche ora di sonno. Ci vediamo più tardi... Ah, credo sia superfluo dirti di non muoverti da qui!"

Emily cercò d'ignorare il tono autoritario e leggermente insolente che aveva usato e gli augurò un buon riposo dirigendosi a sua volta nella propria camera.

Una volta sistemato il bagaglio decise di preparare qualcosa da mangiare per quando Dave si fosse svegliato. Ancora non era riuscita a capire come doveva approcciarsi con lui. Non aveva mai avuto problemi a relazionarsi con le persone eppure il capitano Wilson sembrava detestarla e volerla tenere a debita distanza. Se le rivolgeva una parola gentile era pronto a rimangiarsela subito dopo e lei rimaneva spiazzata. Anche quando la guardava lo faceva con sufficienza e lei si sentiva intimorita. Se quelle erano le premesse, il giorni seguenti sarebbero stati una vera tortura e lei voleva evitarlo a tutti i costi.

IDENTITA' NEGATAWhere stories live. Discover now