CAP 64

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ONESTO BARATTO

Il sacco di iuta andava lentamente riempiendosi. Le ghiande, ad una ad una, venivano raccolte dall'ostinazione di Margot che indifferente alle avvisaglie della fatica procedeva senza sosta alla raccolta.

La schiena iniziava a dolerle a causa dei continui piegamenti per afferrare i piccoli frutti caduti dalle querce e sparsi sul terreno. Uno strano verso attirò la sua attenzione facendola fermare e attenta si guardò attorno.

Il bosco poteva essere molto pericoloso se si facevano incontri sbagliati e non erano solo gli animali che si dovevano temere.

Il verso indecifrabile sembrava avvicinarsi ed ad un tratto Till sbucò da dietro un albero urlando:

- PAURA?? -

Margot sorpresa cadde all'indietro battendo il sedere a terra mentre dal sacco le ghiande, uscendo, si disperdevano nuovamente sul terreno. Per la prima volta la risata del ragazzo non le sembro un cinguettio ma un fastidioso starnazzare e feroce di imbarazzo afferrò una manciata di ghiande e le tirò sul viso di lui che si zittì di colpo e divenne serio, adirato.

Il ragazzo avrebbe voluto suonargliele di santa ragione a quella piccola indisponente ma quegli occhi da belva feroce e fiera lo ipnotizzarono, disarmandolo di ogni volontà ed inaspettatamente le chiese scusa per averla spaventata. Margot ancora più imbarazza per il gesto appena fatto trovò come scusa, per abbassare lo sguardo, la raccolta dei frutti usciti dal sacco per la caduta.

- Cosa te ne fai di tutte queste ghiande? - chiese il ragazzo per capire se lei lo avesse perdonato, sapeva bene che era per sfamare i maiali che si raccoglievano.

- Rutgard, l'erborista, le porta ad un suo vicino, più ne porta più il pezzo di lardo, quando il maiale verrà ucciso, sarà grande. Lei ormai è anziana e si stanca presto e ne raccoglie poche, così le do una mano, nel freddo inverno un bel pezzo di lardo le farà comodo! - rispose la bambina sorridendo al pensiero della felicità di Rutgard quando soddisfatta avrebbe ritirato il pagamento delle loro fatiche.

-Un bel gesto da parte tua... le sei molto affezionata? - le chiese ancora Till mentre afferrava il sacco, togliendolo dalle mani di lei, per aiutarla.

Margot rifletteva sulla domanda ma non sembrava trovare una risposta.

- Ho capito... - la liberò lui dall'impaccio - Dopo la morte di mia madre ho provato lo stesso...-

Margot per la prima volta si sentì capita. Per il mondo che la circondava sembrava così scontato provare sentimenti, così naturale ed ovvio, quasi banale, mentre per lei era così intenso da darle inquietudine.

Era così spaventosamente profondo da sembrarle un burrone di cui non vedi la fine e come la vertigine la attirava, perché cadendo per un attimo si sarebbe illusa di poter volare. Con le forti braccia di Till, Margot, riuscì a riempirlo completamente il sacco e quando lo consegnarono alla donna questa non trovò parole per ringraziarli. Divisero il carico in vari canestri che la donna dispose sul pavimento e chiese poi loro di attendere un attimo ed iniziò ad intrugliare vicino al fuoco che ormai l'anziana teneva sempre acceso, anche nel tiepido Settembre.

Offrì un profumato infuso di erbe liquoroso e molto dissetante ai ragazzi che lo bevvero ghiotti e consegnò poi a Margot una sorta di pallina fatta di grasso e semi che aveva appena realizzato con vari avanzi.

La bambina la guardò curiosa mentre Rutgard la pregava di appenderla, tornando a casa, lì dove aveva raccolto tante ghiande. Queste erano anche cibo di molti uccelli che ora non le avrebbero trovate lì ad attenderli ed era giusto che, nel freddo inverno che tutti attendeva, parte del cibo andasse loro restituito sotto diversa forma. Altre ne avrebbero appese fino al ritorno della primavera, la rassicurò Margot, sempre commossa dal senso di giustizia che la vecchia erborista dimostrava.

- Amare comporta troppo dolore... ed è una cosa che non voglio provare mai più... - le confidò poi il ragazzo sul sentiero che li riconduceva a casa.

Margot sentì una stretta allo stomaco mente la sua mente domandava:

- Non potresti amare neanche me? –

Scrollò la testa come un cucciolo di cane che bagnatosi le orecchie non trova altro modo per ridurre il fastidio che scuoterle, e scacciò quell'idea colma di dolore dalla sua mente, ma non certo dal cuore che indomabile ella andava lentamente conoscendo. 

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