CAP 63

1 0 0
                                    



INTIMO DISCERNIMENTO

Prima di ripartire per i suoi viaggi d'affari, Assuero Bisbiach, aveva insistito ed ottenuto che Margot si trasferisse in una delle stanze delle figlie ormai vuote.

Era impensabile per lui che ella rimanesse nella fredda e piccola stanza dell'ultimo piano, quando ormai il Palazzo appariva disabitato. Margot aveva prima opposto resistenza, le piaceva il suo mondo isolato, ma i troppi oggetti raccolti nei suoi ultimi due anni di vita erano divenuti troppi, proporzionati allo spazio a sua disposizione, ed il disordine era insostenibile ormai, così che ella, alla fine, aveva ceduto.

La scelta della stanza ricadde su quella di Vesna unicamente perché Margot adorava il color verde brillante della tappezzeria, le sembrava infatti di rifugiarsi nel bosco, entrando lì, ed una quiete abbracciava il suo animo in continuo tormento.

Si lasciò cadere sul letto, costatandone sorpresa la morbidezza, mentre un'ansia insolita invadeva il suo minuto petto.

Una lacrima lesta corse sulla guancia impossibile da arrestare, come anche il singhiozzo sfuggito ad un autocontrollo che cercava di imporsi. Impotenza che le svelò la consapevolezza dell'effimera felicità di quell'attimo che sarebbe potuta precipitata in sventura un giorno: nulla permaneva immutato, gioia e dolore si alternavano in un'altalena di emozioni nel corso della vita e la bambina temeva che quella felicità e fortuna momentanea sarebbe presto cessata.

Per distrarsi si tirò su ed iniziò a sistemare le sue cose, ora aveva una vera libreria dove riporre i volumi, un vero armadio per gli abiti smessi delle ragazze, ora suoi, ed un vero scrittoio che carezzava commossa, ma la cosa che più la esaltava era il caminetto in stanza, mai più avrebbe patito freddo durante le letture notturne.

I domestici l'aiutarono nel traslocare le sue cose, ma Margot proibì loro di toccare i libri e le ampolle delle erbe.

Gerda osservava il tutto con occhi indagatori, i guaritori non erano visti bene in una società che motivava la malattia come una punizione divina. Coloro che si opponevano al volere di Dio, guarendo i suoi ammalati, erano da considerare eretici alla pari delle streghe, questo aveva detto nell'omelia domenicale il parroco.

Si era vociferato subito però nella piccola chiesetta, ironicamente, che egli non conduceva una vita così morigerata da potersi permettere di giudicare proprio nessuno: molte erano le donne che andavano e venivano dalla canonica e tra risatine maliziose i fedeli non davano molto peso alle sue parole.

L'alto clero conosceva bene le abitudini malsane del basso clero, ignoranti ed impreparati alla missione che li attendeva, era spesso infatti per i più una fuga dalla povertà, che nulla aveva a che vedere con la fede e la loro bassa moralità era sotto gli occhi dei fedeli.

Gerda si sfiorò appena il ventre con la mano aperta, sentendo l'animo invadersi di terrore, non era sposata e forse attendeva un figlio da un uomo che invece lo era: il fabbro e maniscalco Rudo Schmidt che, nel fienile dove ella gli aveva portato una brocca di acqua mentre ferrava i cavalli della tenuta, aveva approfittato della sua ignoranza e sprovvedutezza.

Era questo che spesso salvava dalla denuncia di eresia, l'opportunismo della gente che ricorreva a loro e alle loro magie per pulirsi dalle proprie colpe.

Come promesso, Margot, passava molto tempo con Beatrix, ma la gravidanza provvidenziale donava alla donna, dopo il pranzo, una spossatezza a cui ella cedeva con lunghe dormite, lasciando così Margot libera di uscire.

Le bastava infatti trascorrere in casa solo la mattina che spesso occupava parlando con Beatrix mentre filavano all'arcolaio trasformando la fibra tessile in filato, la parte della preparazione e cardatura era invece compito delle donne a servizio.

La donna le insegnava, cosa che tutte le donne di tutte le estrazione sociali sapevano fare, la produzione casalinga di tessuti, l'arte del ricamo e del cucito, che la bambina tra molte difficoltà cercava di apprendere. Margot faticava ad imparare ciò che non le interessava, ma provvedere al corredino del nuovo nato, che ovviamente era il tema ricorrente dei loro lavori, la lusingava. Beatrix al contrario amava particolarmente il ricamo che, le confessò, aveva appreso da una dama orientale, queste erano delle vere artiste e conoscevano tecniche molto raffinate.

Fu proprio mentre lavorava ad una cuffietta per neonati che Gerda, facendosi coraggio, le chiese un infuso per disfarsi dell'indesiderato che nel suo ventre si annidava.

Margot la guardò a bocca spalancata ma non chiese nulla, il pettegolezzo non le interessava, quello che invece violentava la sua mente era la sua stessa esperienza, l'abbandono in fasce. Non voleva certo giudicare la scelta di Gerda, comprendeva bene quale vergogna avrebbe marchiato per sempre la ragazza ed intendeva aiutarla, ma dal canto suo riviveva in quella vita indesiderata la sua stessa esistenza. Anche lei faceva parte dei non desiderati, reietti da abbandonare senza rimorso e pietà, eppure ora la sua vita era felice, aveva una vita da gestire, aveva vinto la morte, era sopravvissuta ed ora poteva godere di quell'esistenza che se pur difficile era tutto quel che ogni essere aveva e lottava per tenerla stretta.

Deludere la donna poteva metterla nei guai, questa per ripicca avrebbe potuto denunciarla, così decise di nascondersi dietro la propria giovane età che poteva avvalorare la scarsa conoscenza. Decise di passare la grana a Rutgard o alla levatrice Frauke, per denaro forse loro lo avrebbero fatto, forse era per loro normale, ma negare la vita a chi come lei era nato per sbaglio ed indesiderato era insopportabile, un tradimento a quella fortuna concessale. 

MARGOTWhere stories live. Discover now