xliv. al di là del mare

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"Non ho tempo di preoccuparmi se una cosa sia giusta o meno

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"Non ho tempo di preoccuparmi se una cosa sia giusta o meno. Non posso sperare che una storia orrenda abbia un finale felice."
- Eren Yeager.

" - Eren Yeager

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Anno 853,
Liberio, Marley

LE IRIDI OCEANICHE fissavano i piedi dei due ragazzini. I movimenti che compivano durante le stoccate, quelli che invece facevano negli affondi di spada. Li piantavano a terra, scaricando l'intero peso del corpo non sulle caviglie - bensì imprimendolo nel suolo. Così evitavano gli infortuni. Proprio come aveva insegnato loro. Udo e Zofia erano seduti sotto l'ombra di una quercia, ai piedi del tronco, e li osservavano ammirati. Li vide parlare. Immaginò che dicessero cose del tipo "Io non credo che riuscirei mai a farcela!" o "Ma perché lo fanno, se non è obbligatorio?" In effetti hai ragione, Udo, pensò la ragazza. In un giorno festivo come quello, il fatto che si stessero allenando dimostrava un vero intento di miglioramento. Sospirò. Erano bambini così energici, eppure lottavano per il solo scopo di sopravvivere e fornire una vita migliore alle loro famiglie. Venivano praticamente costretti a farlo. Lei non avrebbe mai provato compassione per i genitori che li spingevano a intraprendere una carriera nell'esercito a età così prematura. Si trattava di morte certa - sia che ereditassero un gigante o meno. Provava quasi disgusto per quegli esseri: usavano le proprie creature solo per i propri sporchi vantaggi. Lei non era da meno, contribuendo alla loro formazione militare. Ma questo era un altro discorso.
Prese un lieve slancio e si distaccò dalla colonna, tenendo le mani sempre in tasca. Udo e Zofia la videro, rimasero taciti. Fecero solo degli allegri cenni di saluto nella sua direzione. Ella ricambiò, alzando una mano e basta. Gli avambracci erano fasciati da guanti in pelle marrone che si chiudevano tra indice e medio, lasciando scoperte le dita. Al gomito, poi, giungevano le maniche arrotolate della camicetta e del cappotto che indossava. Raggiunse la zona di Gabi e Falco, ma si tenne a misurata lontananza, per evitare le ondate di polvere.

«Ehy, mocciosi. Ma che state facendo? Il combattimento con la spada non rientra nel vostro piano d'addestramento... avete pochi giorni prima di tornare sul fronte, perché non state con le vostre famiglie?»
La sua voce risuonò come la vibrazione prodotta dalla corda più spessa di una chitarra. I ragazzetti smisero all'immediato di scontrarsi e la guardarono dal basso in alto. Gli altri due balzarono in piedi e li raggiunsero a corsa, per udire le parole della loro superiore. Si accerchiarono tutti e quattro intorno a lei. Ella, vedendo Falco che sgrondava sudore, respirando affannato, gli passò un fazzoletto pulito. Egli la ringraziò con un sorriso e si asciugò la fronte madida. La rossa ripeté la stessa premura pure con la brunetta, che restia accettò.
A prendere la parola fu Zofia «Ecco... Gabi ha insistito e non fa altro che parlare di lei, signorina... che usa solo le spade in maniera che neanche si vedano... si chiedevano come facesse.»
Le pupille profonde della rossa seguirono i volti dei bambini, mano a mano che parlavano.
«Guarda che questo non è affatto vero!» Ribatté subito Gabi, infuriata. Come suo solito, d'altronde. La più grande corrucciò impercettibilmente le sopracciglia, serrò la mandibola. Tuttavia, nonostante le sue seguenti parole furono di rimprovero, celavano un tono più pacato e affezionato rispetto a quando l'aveva ripresi pochi attimi addietro.

SUNLIGHT PUFF • levi ackermanOnde histórias criam vida. Descubra agora