43. Niente caos

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Scendo dall'auto, correndo senza fermarmi verso l'entrata della villa, grido un veloce ringraziamento a Jay per la pazienza e la disponibilità e mi chiudo violentemente la porta alle spalle, tanto che credo di aver appena svegliato mezzo quartiere, ma ad essere sincera non mi interessa, ora mi importa solo di una cosa, solo di una persona.

In salone trovo Noah intento a smanettare sul suo cellulare, quando nota la mia presenza si raddrizza sul divano, che si senta in colpa per essersi lasciato scappare mia sorella dopo che io gliela avevo affidata? Non lo so, e ad essere onesta ora neanche mi importa.

<<lei dov'è?>>

Lui si alza e mi indica le scale, <<di sopra, S-Stella io...>> ma non lo lascio finire e mi fiondo verso la direzione che mi ha indicato.

Salgo gli scalini a due a due, l'ansia e la preoccupazione che provavo fino a poco fa sono appena stati sostituiti da un insormontabile furia.

È scappata, è scappata via, con uno sconosciuto, da sola, senza avvisare nessuno, senza avvisare me. Lei lo sapeva, sapeva che sarei morta se le fosse successo qualcosa, sapeva che è tutto ciò che al mondo mi è rimasto per restare a galla, eppure lo ha fatto lo stesso, nonostante sapesse ciò che avrei potuto provare, come mi sarei potuta sentire.

Ed eccola lì, seduta per terra davanti alla mia stanza con la schiena poggiata alla porta. Traggo un respiro di sollievo nel vederla viva e vegeta, "sta bene" mi ripeto, "sta bene".

Non appena mi vede si alza di scatto, per qualche secondo ci guardiamo in silenzio, non so cosa dire.

Dovrei urlarle contro? Dovrei sgridarla? Dovrei abbracciarla? Non ho la minima idea di cosa dovrei fare, probabilmente mia madre, i miei genitori saprebbero cosa fare, cosa dire.

Ma loro non sono qui, se ci fossero stati niente di tutto quello che è successo negli ultimi tre giorni sarebbe avvenuto: non sarei mai venuta a conoscenza del giro di Edoardo, non avrei assistito ad un organizzazione illegale, non sarei stata aggredita da un'ubriaco ad una festa perché a quella festa non ci avrei neanche mai messo piede, Emma non avrebbe mai conosciuto Carter, io non avrei mai baciato quell'emerito imbecille, ma soprattutto Emma non sarebbe scappata...

Ho perso il controllo, credevo di riuscire a tenere tutto sotto controllo e invece non ne sono stata in grado, sono sei mesi che scappo dalle responsabilità chiudendomi in me stessa, sono sei mesi che scappo da tutto, questo era il mio primo tentativo di riprendere le redini di qualcosa.

Dovevo solo portare mia sorella ad un weekend fuori con gli amici, non doveva succedere nulla di illegale, imprevisto o pericoloso e invece tutto è andato a rotoli.

Ed è tutta colpa mia, per quanto io finga di essere forte e di avere tutto sotto controllo, ogni cosa continua a sfuggirmi di mano, non riesco a mantenere il controllo di niente.

E questo mi destabilizza, i miei piani sono tutto ciò che mi resta per restare in piedi, se tutto va come programmato allora non ci sono imprevisti, e se non ci sono imprevisti niente degenera in qualcosa che potrebbe andare storto.

Limitare i danni, è questo che faccio, cerco di limitare i danni , e questo significa tenere lontane le complicazioni, le emozioni e le persone.

Mi avvicino lentamente a lei con le mani nelle tasche dei jeans, un passo dopo l'altro.

<<beh se non altro hai avuto il buon senso di tornare>> dico con voce bassa, amareggiata.

Tiene lo sguardo basso, <<in realtà mi ha trovata il tuo amico, Edoardo, e mi ha riportata qui>>

Nulla è per caso (DA REVISIONARE/ COMPLETARE)Where stories live. Discover now