39. una volta di quelle...

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~Stella~
Il cuore mi pulsa veloce nel petto con battiti forti ed irregolari, tanto che neanche il vento fresco, il rumore rombante del motore della moto e gli alberi che mi scorrono veloci da entrambi i lati creando delle macchie confuse di verde, marrone e nero riescono a calmarmi. E questo perché per la prima volta in tutta la mia vita non ho idea di dove sia mia sorella.

"Emma è sparita, Emma è sparita" continua a ripetermi la mia testa e non riesco a pensare a nient'altro.

So che non è stupida e che non si caccerà nei guai, o almeno lo spero, ma non riesco ad evitare di pensare ad altri tre milioni di scenari in cui lei non sta affatto bene.

Avrei dovuto restare con lei ed assicurarmi che si divertisse e che passasse una bella serata, ma soprattutto che non sparisse con un corridore di corse clandestine e per giunta neanche troppo simpatico.

Ho affidato Emma, la mia sorellina, ad un ragazzo che conosco da appena tre settimane in un locale con trecento persone, con alcol e chissà cos'altro.

Ho messo in secondo piano mia sorella e la sua protezione che sono e devono essere la mia unica priorità, per cosa? Per occuparmi di affari loschi e di corse clandestine?

Mentre la mia sorellina lasciava il locale con un ragazzo pericoloso e nessuno che li tenesse d'occhio, io cosa diavolo stavo facendo per non essere lì ad occuparmi di lei?

E in un attimo, come una folata di vento improvvisa che attraversa un finestra aperta, mi viene in mente: io stavo baciando Edoardo.

Mi trastullavo con un ragazzo che per giunta detesto.

Ma che mi prende? Io non faccio queste cose; io non assisto a corse clandestine, io non mi preoccupo della sorte di un membro di un giro di mafiosi, io non mi struscio sopra ad uno di loro solo per dimostrare qualcosa ad un'altro, ma soprattutto non ne bacio uno mentre Emma è con un ragazzo, che per quanto simpatico e dolce possa essere conosco solo da tre settimane.

I ricordi del bacio di poco fa mi investono come una secchiata d'acqua gelata e a stento riesco a sopportare il brivido che mi attraversa la schiena, fino alla spina dorsale e da lì mi si propaga in tutto il corpo.

Ho completamente perso la testa, non riuscivo a pensare a nient'altro che ad Edoardo; Edoardo che mi bacia, Edoardo che mi soleva da terra, Edoardo che fa aderire il suo corpo perfettamente al mio...

Cavolo Stella basta, sembri una ragazzina in preda a gli ormoni!

Tutto questo non è assolutamente da me, ho perso il controllo per la prima volta da quando mi sono auto imposta di non farlo succedere mai più.

Mi sono lasciata trascinare da questo ragazzo. È riuscito a distrarmi dal rigido piano che ho creato per la mia intera vita, mi ha incuriosita e ha fatto in modo che mi facessi travolgere da quell'ondata turbolenta che lui stesso è, e io non avrei mai dovuto permetterglielo.

Improvvisamente razionalizzo il fatto che non sono aggrappata a lui, ma ai lati della moto, come agli inizi della nostra "conoscenza".

Credo di averlo fatto senza neanche rendermene conto, la sensazione di ansia e paura per mia sorella mi assorbe completamente, come se fosse un ossessione e non riesco a pensare ad altro.

Gli avvenimenti mi confermano soltanto una cosa. Ho fatto ciò che mi ero proibita di fare da tempo: farmi distrarre da un ragazzo, e questo mi ha portata al perdere di vista ciò che per me conta davvero.

Le emozioni, ogni tipo di emozione si possa provare ti porta alla rovina: piano piano, le emozioni ti portano a compiere gesti folli di cui poi potresti pentirti, e un emozione dopo l'altra, un gesto dopo l'altro, un pentimento dopo l'altro, una perdita dopo un'altra, resti con niente. Le emozioni uccidono la razionalità e io ormai posso vivere solo di quella, perché se mi abbandonassi alle emozioni finirei per essere ferita un'altra volta, e io non posso essere ferita ancora, finirei in pezzi definitivamente e non posso permetterlo.

Ricordo come se fosse ieri il fatto che pochi mesi fa tutti fossero stupiti dal fatto che la perdita di una nonna abbia cambiato così profondamente e radicalmente una ragazza sempre solare e festaiola, ma il fatto è che non potrò mai spiegare a parole cosa ho perso: mi sono sempre sentita diversa, come se non fossi mai nel posto giusto, da sempre innamorata dei libri e delle mille vite che questi possono farti vivere, amo leggere perché mi emoziona profondamente. Ma in un certo senso mi fa sentire anche al sicuro, quando leggo e accade qualcosa di triste, di drammatico, so di poter chiudere il libro e poter ricominciare quando mi sentirò pronta. Ma nella realtà questo non può accadere, non esiste un pulsante di pausa, non esiste un luogo in cui poter fermare la vita, tutto accade nel momento in cui deve accadere che tu lo voglia o no, e devi affrontare tutto in quel preciso istante, non ci sono vie d'uscita, è così e basta.

E sin da quando ne ho memoria non mi sono mai sentita pronta ad affrontare le relazioni sociali, gli "amici", i sorrisi e le conversazioni di circostanza, e mia nonna era l'unica a capirmi. Era mia nonna, era la mia migliore amica, era la mia complice, era tutto ciò che avrei mai creduto importante per me, ed è difficile perdere una nonna certo, ma ancora di più è difficile perdere l'unica persona che ti ha capita ancora prima che tu stessa lo abbia fatto.

E l'unica persona che per me è importante al pari di lei, è mia sorella, e per colpa di un momento di debolezza e di uno stupido ragazzo io non sono riuscita ad occuparmi di lei, ho fallito e se le succedesse qualcosa sarebbe solo colpa mia e io non riuscirei mai a perdonarmelo.

Posso solo sperare che stia bene, e di riuscire ad arrivare prima che succeda qualunque cosa.

Ma di una cosa sono certa: non ricommetterò di nuovo lo stesso errore...

~Emma~
Mentre Carter accosta, mi guardo intorno alla ricerca di un qualsiasi dettaglio familiare. Scendo lentamente dalla moto assicurandomi di non essere investita da una delle macchine che sfrecciano a tutta velocità nella fitta strada notturna di fianco noi.

Salgo sul marciapiede e lo osservo mentre si toglie il casco e lo appende insieme al mio ai manubri, o almeno credo che si chiamino così, della moto. Ha i capelli biondo scuro spettinati, la t-shirt nera stropicciata e i jeans logori su un ginocchio. Posa gli occhi castani su di me e per qualche secondo mi ci perdo dentro, poi inizia a camminare lentamente all'indietro senza staccare gli occhi da me, percorrendo il marciapiede.

<<vieni>> mi dice.

Do un occhiata in giro e tutto ciò che riesco a riconoscere è la desolazione più totale, non ci sono case, ne locali, bar, persone, assolutamente niente. Solo la strada dritta che procede verso un punto buio in lontananza, l'unico segno di vita e di movimento sono le macchine che occasionalmente mi passano accanto veloci.

<<andare dove? Qui non c'è niente>> ingoio il groppo che mi si forma in gola e ignoro quell'accenno di sensazione di essermi messa in un guaio. Lo osservo confusa mentre mi guarda torvo.

<<non hai detto di voler passare una notte diversa dalle altre?>> mi chiede.

<<uhm, si>> faccio un respiro profondo e lo seguo. Non so descrivere la sensazione che provo: un misto di ansia ed eccitazione, c'è qualcosa che mi chiede di fermarmi e qualcosa che mi supplica disperatamente di godermi questo momento e di rischiare il tutto per tutto, perché potrei non averne più la possibilità.

La mia disperata voglia di evadere e di urlare in silenzio mi costringono ad accelerare il passo e correre il rischio, perché qualche volta rischiare è meglio che restare sul sicuro tormentato dai "e se avessi...", e io spero disperatamente che questa, sia una volta di quelle.

Nulla è per caso (DA REVISIONARE/ COMPLETARE)Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang