46 una canzone che non so

2K 131 14
                                    

46

Una canzone che non so, Gazzelle.

Sangio.

Inspirai profondamente l'aria gelata di quella mattinata, cercando di godermi quei due secondi di tranquillità.
Ogni volta che chiudevo gli occhi, la vedevo.
Il suo sguardo perso mentre provava a capirmi, a curarmi quelle ferite che solo lei avrebbe potuto guarire.
Ma non potevo coinvolgerla in questo inferno.
La sola idea che potesse succederle qualcosa per causa mia, mi terrorizzava.
Giulia era stata la cosa più bella che mi fosse mai successa in tutta la mia vita, mai avrei voluto in qualsiasi modo ferirla.
Anche se, sapevo di averla distrutta.
Lasciarla mi aveva completamente svuotato da qualsiasi felicità.
Era come se da quel momento, vivessi in un mondo fatto solo di tutte le sfumature del grigio.
Colori di mezzo, privi di qualsiasi tonalità, bellezza, intrigo.
Un misero mare di grigi.
Niente aveva più avuto lo stesso sapore, ne la stessa magia che con lei avevo trovato.
Nonostante le mie convinzioni, il vuoto che provavo mi portava costantemente a chiedermi se fosse stata realmente la scelta giusta.
Il dubbio mi tormentava continuamente, talvolta lasciandomi insonne o facendomi digiunare per giorni interi.
Che senso aveva mangiare o dormire se lei non sarebbe mai più stata nel mio futuro?
L'unica cosa che mi faceva andare avanti era il pensiero di salvare mia madre, una volta per tutte.
Ero venuto in Italia con una missione, ed era arrivato il momento di agire.

"Bella Giova" mi voltai di scatto, incontrando lo sguardo felice di Giacomo.
Sorrisi di rimando, ricambiando la stretta di mano, "Hey Jack, come stai?"
Lui mi dette una pacca sulla spalla, facendomi cenno di entrare nel bar.
"Tutto apposto, l'università mi sta risucchiando qualsiasi forza vitale" la sua risata gioiosa in qualche modo mi stupì.
Mi faceva strano l'idea che le persone potessero ancora essere veramente felici, quasi le invidiavo.
"Te invece Giovanino, cosa mi combini?" chiese una volta seduti al primo tavolo che trovammo, "Torni dall'America e ti fai vivo dopo un mese?"
Mi passai una mano fra i capelli, cercando di mantenere quel mezzo sorriso che riuscivo a fargli.
"Eh, ho avuto da fare" risposi, togliendomi i guanti.
Non appena mostrai la mia pelle piena di lividi, nuovi e molto più numerosi rispetto a quelli che aveva visto Giulia, Giacomo spalancò gli occhi.
"Diamine amico, in cosa ti sei cacciato?" chiese stupito, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal profondo taglio sul mio polso.
Scossi la testa, per quanto non avessi voluto, dovevo dirglielo.
"Mia madre," i ricordi della sera prima e dei giorni precedenti mi invasero la mente, facendomi provare la stessa rabbia che sentivo ogni volta che provavo a mettermi in mezzo.
Dovevo fermare quello stronzo.
"Mia madre viene picchiata dal suo compagno" continuai, abbassando lo sguardo sulla collana di Giacomo per non dovermi sorbire le sue espressioni di stupore e incredulità.
Trovai buffo il fatto che indossasse un ciondolo a forma di fiore, lui che era allergico a qualsiasi tipo di pianta che avesse un minimo di polline.
"Ho bisogno che mi presti delle videocamere per incastrare quello stronzo una volta per tutte" feci un respiro profondo, doveva sapere tutto "Ho bisogno di tante videocamere perché non vorrei solo incastrarlo per violenza domestica ma anche per ..." tornai a guardarlo, non volevo trasparisse nessun tipo di emozione dalla mia voce, "spaccio illegale di stupefacenti"
Giacomo spalancò gli occhi, completamente stravolto dalle mie parole.
Dopo quella che sembro un'eternità, fece un fischio portandosi le mani fra i capelli.
"Cazzo Giova," mormorò "cazzo, cazzo, cazzo"
"Il prima possibile Jack" lo interruppi, "puoi o no?" mi avvicinai, facendogli capire che non avevo tempo per scherzare.
Lui deglutì, prima di annuire.
"Va bene" disse infine, "entro stasera avrai tutto,"
Gli sorrisi di nuovo, questa volta con un po' più di sincerità, "Passo da casa tua alle otto, va bene?"
Giacomo annuì di nuovo, "Per le otto" ripeté guardandomi mentre mi alzavo in piedi.
"Ah e Jack, conto su di te per la massima discrezione" dissi, non potevo permettermi che la voce iniziasse a girare.
Lui scosse la testa, alzando le mani "Non mi permetterei mai"
"Bene, a dopo" lo salutai, sapendo che stava dicendo la verità.
Giacomo poteva avere mille difetti, ma non avrebbe mai né abbandonato né tradito un amico in difficoltà.
Forse è per quello che eravamo ancora amici dopo tutti questi anni.
Non mi erano mai interessate le persone considerate "fighe" dall'opinione degli altri, mi ero sempre e solo curato di tenermi vicine persone che potevo considerare veramente amici.

Sospirai, quando l'aria fredda mi colpì di nuovo una volta fuori da quel bar.
Mi strinsi nel mio giubbotto, alzando lo sguardo al cielo.
Non c'era l'ombra di una nuvola grigia in quell'azzurro infinito dove risplendeva il sole.
Poteva essere una giornata perfetta.
La mia attenzione però fu catturata da qualcos'altro mentre tornavo con lo sguardo sui palazzi dall'altra parte della strada.
Un suono.
Un suono molto familiare mi catturò, e il mio cuore smise di battere non appena lo riconobbi.
Era la sua risata, la sua inconfondibile risata.
Iniziai a cercarla con lo sguardo, come se stessi cercando ciò che mi tenesse in vita, la cosa più cara che avessi.
Eppure, quando la vidi, mi sentii ancora più vuoto.
Si trovava proprio di fronte a me, dall'altra parte della strada.
Rideva felice mentre il ragazzo davanti a lei, che riconobbi essere Luca, le stava dicendo qualcosa indicando Deddy, accanto a lui.
Sentii una fitta al cuore, un dolore quasi paragonabile a quello che avevo provato l'ultima volta che l'avevo vista.
Lei era felice.
Lei era felice senza di me.
Mi sentii quasi tradito da questa cosa, come poteva essere così gioiosa quando io non sapevo più nemmeno cosa fosse la gioia?
Continuai a guardarla, mentre abbracciava Luca e Deddy che entrarono nel negozio di vestiti dietro di loro, lasciandola da sola.
Era così bella da mozzare il fiato.
La vidi prendere in mano il cellulare, mentre con tranquillità iniziò ad incamminarsi, andando verso la fermata del bus.
Delicatamente si sedette sulla panchina, cominciando a dialogare con la signora anziana accanto a lei.
D'istinto sorrisi, ogni volta mi sorprendeva con la sua gentilezza.
Ma fu solo quando salii sul bus, che finalmente ne ebbi la certezza.

Avevo fatto la scelta giusta.
Non potevo in nessun modo intaccare la sua purezza.
Dovevo lasciarla andare.

MALIBUOn viuen les histories. Descobreix ara