Capitolo 25

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Il bello delle donne è che non si fanno gli affari propri, soprattutto quando si tratta di affari sentimentali. Se fossi stata un uomo, e un amico mi avesse confessato di amare mia sorella, sarei andata dritta da lei per chiederle di uscire con il mio amico.

Io invece sono una donna, e in quanto tale non posso essere così diretta, perché Teo scoppierebbe in una grossa risata nel sentirsi dire che Marzia ha un debole per lui, scrollerebbe le spalle e mi consiglierebbe di farle notare che per lui è ancora una bambina. Occorre qualcosa di più sottile e ingegnoso.

L'invito di Nicola è stato provvidenziale. Punto la sveglia del cellulare per non lasciarmi sfuggire l'occasione di incrociare Teo prima che esca di casa.

Lo trovo in cucina, sorseggia in piedi una tazzina di caffè, già pronto per un'altra agguerrita giornata in città. Prima o poi scoprirò come fa a essere così in forma dormendo tanto poco.

«Come mai già in piedi?»

«Bagno.» Mi avvicino al ripiano dei dolci e prendo una girella. «Oggi è la vigilia di Natale. Devi lavorare fino a tardi?»

Teo ingoia d'un fiato il caffè e chiude il giornale. «No, ho l'ultimo appuntamento alle quattro, poi torno a casa a tenerti compagnia per cena.»

«Sarò da Marzia questo pomeriggio, tornerò verso le sei.»

«Ok.» Si infila la giacca, raccoglie il Blackberry e la ventiquattr'ore e si avvia verso la porta. Lancia un'occhiata critica alla sua immagine riflessa nello specchio all'ingresso, raddrizza la cravatta e finalmente esce di casa.

Il mio piano si è messo in moto. Posso tornare a dormire.


Sono le sei e trentacinque. Teo ha chiamato per avvertirmi che arriverà tra una ventina di minuti. Finisco di apparecchiare la tavola per due, con il servizio intoccabile di Villeroy e Boch che Teo si ostina a tenere chiuso nella credenza. Sforno i salatini, li adagio in un piatto da portata e lo sistemo al centro della tavola. Servo gli affettati. Condisco il tutto con due candelabri d'argento. Rimirando la tavola di pizzo e ceramica, mi inorgoglisco davanti al bel lavoro che ho appena terminato. Ora non resta che attuare la seconda parte del piano.

Sollevo la cornetta del telefono e compongo il numero di casa di Marzia. Mi risponde sua madre.

«Amelia, cara, come stai?»

La madre di Marzia è una persona umile e dolcissima, ma incrollabile: ha domato da sola quattro figli e un marito, tutti impulsivi e incontrollabili.

Domanda gentile della piccola Luna, poi si scusa perché lei e il marito stanno uscendo. Dopo qualche secondo, la voce cristallina di Marzia mi saluta.

«Ciao bella! Come... Sì, mamma, ciao, a domani.» In sottofondo alcune voci, che riconosco essere dei genitori di Marzia, una porta che si chiude e finalmente Marzia torna a parlarmi. «Scusami, i miei sono appena usciti. Loro e Giacomo vanno al cinema con i miei cugini, Noemi e Fulvio, te li ricordi? Fanno questo favore ai miei zii, che non ne possono più di correre dietro a quelle due piccole pesti. Loris!» esclama interrompendosi. «Dove vai?»

Suo fratello bofonchia qualcosa, Marzia lo insulta.

«Che succede?» chiedo.

«Mio fratello sta uscendo senza che i miei lo sappiano.»

«È grande e vaccinato» le ricordo.

«Sì, hai ragione, sono affari suoi. Come mai mi chiami?»

Ecco, è giunto il momento. «Io... sono molto giù. Hai voglia di venire a trovarmi? E di fermarti a cena?»

Luna CrescenteWhere stories live. Discover now