Capitolo 10

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In seconda media una compagna di classe mi confidò di essersi innamorata di un nostro compagno, e che gli avrebbe scritto una lettera per confessarglielo. Ignorava che anche a me lui piacesse: sebbene fosse uno di quegli amori infantili che vengono presto dimenticati, prove generali di sentimenti più forti che verranno in tempi futuri, in quei mesi per me lui era tutto. Eppure aiutai la mia amica a scrivere la propria confessione. La lettera fu un successo: per tutta la durata delle vacanze estive i due uscirono insieme. E io? Io rimanevo ad ascoltare i resoconti di quelle uscite, senza il coraggio di fare nulla. Poi un giorno mi disse:

"Non ci vediamo più."

Le chiesi perché.

"Ma perché era una cosa così."

Credo che chi soffrì di più per quella rottura fui io. Un mese dopo lei aveva preso a frequentare un altro ragazzo, e lui sembrava essere interessato ad almeno altre due o tre compagne di scuola. Io non ero inclusa nella lista, né lo fui mai.

Per molto tempo ho riflettuto sul mio atteggiamento in quella circostanza. Mille volte mi sono chiesta perché mai non abbia scritto anche io una lettera, perché mi sia addirittura proposta di aiutare la mia amica a conquistare l'oggetto del nostro interesse. A volte mi rispondo che non gli volevo abbastanza bene, non quanto ne volessi a lei, almeno. Altre volte, invece, quando sono più sincera, ammetto di averlo fatto solo per codardia, perché temevo di non poter reggere il confronto con la mia amica, che vedevo più bella, più magra, più interessante.

In quell'occasione, persi perché io volli perdere.

Accade lo stesso ora, che mi trovo a fronteggiare la bionda della Mini Cooper. Dentro il mio cuore mille motivi si accalcano a giustificare Toio della sua scelta e vincono in forza la rabbia e la gelosia. Certo che sono furente con lui, certo che vorrei picchiarlo fino a farlo scomparire, ma se lui è felice con lei e non con me, perché dovrei costringerlo a tornare?

È stato questo il motivo che, stamattina, davanti a un documento costellato di illeggibili correzioni di Carini che io avrei dovuto interpretare prima di spedirlo via fax, ho bisbigliato al mio piccolo bimbo. Come se lui potesse comprendermi.

Dopo quasi tre giorni di completo silenzio pesante e insopportabile, avevo ormai capito che non ci saremmo più sentiti. Stavo lentamente tentando di metterci una pietra sopra. Non potevo perdonarlo, ma potevo dimenticarlo, mi ero detta.

Ora so che mi sbagliavo.

Sono sconvolta. Le luci soffuse del salotto sono stranamente appannate, i contorni dei mobili si fanno indistinti e incerti, il volto di Marzia cupo e sconosciuto.

Toio. Un incidente.

"Ciao Marzia io e Toio abbiam avuto 1 incidente in autostrada, siamo all'osp di Bressanone. Il cell di Toio è rotto nn riesce a trovare Ame. Marco. PS: io sto ok solo 1 graffio; Toio frattura scomposta a clavicola. Che sfiga!"

Le lettere scure tremolano sullo schermo accecante sotto i miei occhi. Il primo pensiero che squarcia il nulla inebetito che regna sovrano nella mia mente è che Toio è vivo. Un peso insostenibile svanisce dal mio cuore, e mi sento tanto sollevata che vorrei ridere e piangere allo stesso tempo.

«Dammi il numero di Marco» balbetto.

Marzia ubbidisce prontamente, digito la sequenza con una velocità sorprendente. Il telefono suona un paio di volte, ho il cuore in gola, poi...

«Pronto?»

«Marco sono Ame dov'è Toio?» lo investo con un fiume di parole.

«Oh, Ame, ma dove eri finita? È da due giorni che ti cerchiamo come pazzi!» esclama la voce serena di Marco. In sottofondo un'ambulanza si avvicina a sirene spiegate.

Luna CrescenteWhere stories live. Discover now