Capitolo 8

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Teo fa capolino dalla porta del bagno. «Va meglio?»

Annuisco.

Apre uno degli armadietti che costellano il bagno e estrae un piccolo phon da viaggio, che sistema accanto al lavandino. «La pizza arriva tra poco. Ti ho portato questi» e mi mostra un involto di quelli che scopro essere una maglietta bianca da donna di Calvin Klein e una gonna nera di Armani. Li prendo confusa.

«A chi appartengono?»

Teo si stringe nelle spalle. «Di amiche. A volte capita che dimentichino qualcosa nella fretta di andarsene.»

Dimenticare vestiti? Ma soprattutto, dimenticare CK e Armani? Che razza di donne frequenta mio fratello? Lui cambia argomento prima che io possa indagare ulteriormente. Ma è un discorso che prima o poi mi interessa affrontare.

«E questo.»

È un'innocua scatolina di cartone, marchiata in oro su un quadrato nero Just Cavalli. La rigiro tra le mani prima di aprirla con una certa reverenza, scoprendo un completo intimo nero e rosso. Che sarà costato all'incirca duecento euro?

«Forse non è il tuo stile.»

Guardo Teo e mi viene da ridere davanti alla sua espressione imbarazzata.

«Ma è nuovo.»

«A chi pensavi di regalarlo?» gli chiedo con un sorriso malizioso.

«A nessuno in particolare. Lo tengo per le emergenze.»

«Emergenze?» esclamo interdetta.

«Per esempio quando mia sorella scappa di casa. Ho chiamato la mamma» aggiunge poi con un tono di voce più seria. Serro le labbra.

«Non deve essere stata una telefonata piacevole.»

«No,» ammette lui «ma doveva essere fatta. Non le ho detto che stai da me, altrimenti sarebbe già qui. Credo che per un po' non ti darà fastidio, ma prima o poi dovrai affrontarla, e quando lo farai le spiegherai il tuo punto di vista senza aggredirla.»

Rispondo appena con un cenno del capo, ignorando l'ordine implicito che mi viene rivolto, inconsciamente grata che mi vengano risparmiate critiche sul modo in cui mi sono comportata nel pomeriggio. Non ho voglia di pensare alla mamma adesso.

«C'è qualcosa che devo passare a prenderti da casa? Cercherò di andare domani sera.»

«Grazie.»

Suona il campanello. La pizza.

Ceniamo nella cucina d'acciaio, linda e immacolata. Mi sento nel mezzo di un catalogo d'arredamento, dove le più comuni caratteristiche di una cucina sembrano essere abolite: piatti nel lavello, canovacci appesi, pacchetti di biscotti aperti, bicchieri ancora mezzi pieni, briciole sul tavolo, niente di tutto ciò potrebbe mai contaminarla.

«Senti, Ame.» Mi volto a guardare Teo. Alla luce tenue della cappa dei fornelli, sembra improvvisamente più alto e più vecchio.

«Perché anziché andare là domani non ti prendi qualche giorno di vacanza e ci pensi un po' su?»

Le sue parole pesano sul mio cuore. Abbasso lo sguardo sulle mani che tengo serrate in grembo.

«Perché rimandare oltre?» chiedo con un filo di voce.

«È una decisione che cambierà la tua vita, in un senso o nell'altro. Hai ancora un po' di tempo, giusto?»

Sospiro. Avevo sperato che Teo fosse l'unica persona che non cercasse di intromettersi nella mia scelta.

«Non dovrai preoccuparti dei soldi.»

Lo guardo senza capire.

«Sarei felice di aiutarti. E di offrirti questa casa. È troppo grande per me solo.»

Luna CrescenteWhere stories live. Discover now