Capitolo 19

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Mentre aspetto che l'ascensore mi porti in alto, verso casa, accendo meccanicamente il cellulare, che ho spento dopo la chiamata della mamma per evitare altre figuracce. È questione di un attimo: i trilli si susseguono uno all'altro, e la casella dei messaggi è stipata.

Il primo è di Marzia.

"Ciao bella come va la sfilata? Divertiti, preparati a raccontarmi tutto!"

Sorrido.

Il secondo proviene dal servizio di segreteria. Messaggio vocale ricevuto in data ventuno novembre alle ore una e quarantacinque, dal numero tre-quattro-nove-uno...

È Toio.

Il terzo messaggio è identico. Messaggio vocale ricevuto in data ventuno novembre alle ore una e quarantotto, dal numero tre-quattro-nove-uno ...

L'ascensore scorre lentamente verso l'alto. Leggo il messaggio successivo. Sempre di Toio. "Ame, dove sei? Rispondimi, cazzo!"

E quello dopo. "Perché hai negato che aspettavi un bambino?"

E quello dopo ancora. "È anche mio. Perché non hai voluto dirmelo?"

Le porte dell'ascensore di mogano si aprono davanti a me, la distesa di moquette grigia si para senza fine sotto le luci soffuse del piano attico.

Raggiungo la porta come un automa, il cervello è vuoto, completamente in tilt. Infilo la chiave nella toppa e la giro. La serratura scatta. Voglio solo togliermi le scarpe, questo vestito, questo trucco che mi impasta le guance, queste forcine che mi tirano i capelli al punto da farmi venire il mal di testa. Accendo la luce nell'ingresso e mi incammino verso il salone. Per poco non perdo l'equilibrio, inciampando in un lungo serpente che si è annodato alle scarpe.

Trattengo il fiato, terrorizzata. Finché realizzo che non è un serpente, ma una lucida cravatta di seta bruna. Tiro un sospiro di sollievo.

Da quando Teo lascia in giro le sue cravatte?

La raccolgo con l'intenzione di portarla nel cesto della lavanderia, quando scorgo sul pavimento a pochi passi davanti a me una giacca di un completo gessato. E un golfino rosa. Io non possiedo golfini rosa.

Mi viene un dubbio.

Controllo più avanti. Una camicia da uomo di traverso sulla chaise-longue. Una gonna nera ai piedi della colonna. Una camicetta di raso nel mezzo del corridoio. E... è un reggiseno quello che penzola lassù?

Forse è meglio che me ne vada. L'idea di rimanere sotto lo stesso tetto di mio fratello che fa sesso con qualcuna non mi entusiasma per niente. Ma dove posso andare? È notte fonda.

Dalla camera da letto di Teo provengono voci concitate. Una porta sbatte. Lascio cadere la cravatta e, con tutta la scarsa agilità che mi permette il mio stato, mi intrufolo nella cabina armadio del disimpegno oltre il salone. Rannicchiata tra coperte estive e lenzuola socchiudo appena la porta scorrevole della cabina. Non si dovrebbe spiare, ma devo ammetterlo, sono molto curiosa di scoprire cosa sta succedendo.

Il suono di tacchi alti si avvicina furente. Una donna passa davanti alla cabina, sfiorandola, ma non riesco a vederla bene. Sta urlando, inveisce terribilmente contro Teo.

«Non ho mai conosciuto uno stronzo come te, e credimi, ne ho conosciuti tanti, potrei stendere un elenco completo!»

Schizza da un lato all'altro del salone raccogliendo i suoi vestiti con rabbia e infilandoseli uno sopra l'altro. Ho qualche istante per osservare la conquista di mio fratello: soffici capelli color miele che ricadono morbidi in onde curate e lucide, lunghe gambe tornite.

Luna CrescenteWhere stories live. Discover now