Capitolo 21

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«Come mai ancora a casa?» Dal divano osservo Teo che, seduto all'immenso tavolo di vetro e ferro battuto scruta ombroso qualcosa sullo schermo del portatile. Il mouse saetta preciso sotto le sue dita.

La risposta si fa attendere, mio fratello non ha neppure sentito. Torno a sfogliare il catalogo della Peg Perego, intenzionata a prendere una decisione definitiva sul passeggino. Distrattamente mi accarezzo la pancia.

Il citofono annuncia di soprassalto una visita, e il catalogo mi scivola tra le mani. Sono nervosa, l'idea di rivedere la mamma dopo quanto è successo mi spaventa. Scatto in piedi e corro ad aprire.

Ci troviamo faccia a faccia, sulla soglia di casa. Lei è decisamente più tranquilla di me: mi saluta con un abbraccio, sorride e si accomoda nell'appartamento. Scorge Teo al tavolo e lo saluta, sorpresa di trovarlo in casa. Io a malapena riesco a salutarla. Mi sembra di dovermi muovere come un elefante in una cristalleria.

Sono felice di vederla, e il suo sorriso mi conforta. Sono scomparse le lacrime, le urla, le scenate isteriche. Vorrei tanto che io e mia madre fossimo amiche.

In sala, la mamma tenta di chiacchierare con Teo. «Come va il lavoro?»

«Sto lavorando a un contratto di acquisizione di una industria farmaceutica.»

La mamma annuisce, benché comprenda metà delle sue parole. Li raggiungo, servo loro del caffè con una fetta di torta al limone. La mamma si siede al tavolo e sorseggia il caffè, mentre Teo si accorge appena della tazzina accanto a lui. Scorgo con la coda dell'occhio mio fratello lanciare una strana occhiata indagatrice alla mamma. Perché è così sospettoso e sulla difensiva?

«E tu, Amelia? Cosa mi dici del lavoro?»

Mi siedo lentamente al tavolo, di fronte alla mamma. Se le dicessi che ho perso il lavoro, pretenderebbe che tornassi da lei? Lancio una rapida occhiata a Teo, sperando che possa essermi d'aiuto, ma lui è completamente immerso nello studio di un lungo, noioso articolo di azioni e compravendite.

«Ormai il contratto è scaduto.» Questa mezza verità è la soluzione migliore. In realtà la scadenza sarebbe stata tra otto settimane, ma non posso dirle che mi hanno licenziata. Significherebbe raccontarle perché è accaduto, e ormai voglio dimenticare gli avvenimenti alla Marnica Design.

«Oh. Beh, ne troverai un altro, ne sono sicura.»

La fisso a bocca aperta. «Tu... non ti opponi all'idea che io lavori?»

«Ma certo che no, Amelia.» Mi perdo nei suoi occhi castani, così caldi e amorevoli. «Hai delle grandi potenzialità, ne sono convinta, e l'arredamento d'interni ti è sempre piaciuto. Potresti proporre qualcuno dei tuoi progetti a qualche azienda di design. Disegni ancora, non è vero?»

Disegno da quando avevo quindici anni e a scuola cominciammo il corso di disegno tecnico. Durante gli anni che precedettero il divorzio, mostrai ogni singolo schizzo alla mamma, accogliendo la sua approvazione. Poi, dopo che papà se ne andò, lei perse ogni interesse nel mio diletto, e non li guardò più. Ne rimasi molto ferita, ma pensai che aveva problemi più urgenti dei miei disegni da considerare. Il suo interesse ora mi commuove.

«Sì, disegno ancora» rispondo.

Le dita di Teo battono rapide sulla tastiera del portatile.

«Ti diamo fastidio, caro?» chiede la mamma.

Lui risponde con un impercettibile scrollo del capo, senza distogliere lo sguardo dallo schermo. Quando è così assorto, mi incute un timore reverenziale.

«Io non tornerò a casa con te.» Rivelo così la verità che mi sta soffocando dalla telefonata di ieri sera.

La mamma termina il suo caffè, la tazza tintinna quando viene poggiata sul piattino.

Luna CrescenteWhere stories live. Discover now