Capitolo 2

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La mia situazione attuale è desolata.

Per anni abbiamo vissuto insieme noi quattro, mio padre, mia madre, mio fratello e io, in un appartamento al quarto piano di una distinta palazzina non lontano dallo stadio, in un quartiere che vent'anni fa era solo un enorme prato e ora è un immenso cantiere in perenne costruzione, costellato da gru e impalcature e popolato da muratori chiassosi e ruspe rombanti.

I miei genitori si incontrarono una trentina di anni fa davanti al Duomo, dove mia madre aspettava il tram e venne avvicinata da mio padre che le chiese se aveva una sigaretta. L'ho sempre considerato il trucco più adoperato per avvicinare le ragazze. In quel caso funzionò, perché dopo meno di un anno i due si sposarono. Nove mesi più tardi fece la comparsa al mondo mio fratello, Matteo.

Prima di trasferirsi nella nostra attuale casa, vivevano in un piccolo appartamento che si affacciava su un cortile della Bovisasca, dieci gradini di pietra sopra a mia nonna, la madre di mio padre. A quei tempi nonna Matilde era ancora una bella donna molto attiva, che sfrecciava da un capo all'altro della città gestendo il suo lavoro di sarta, quello di casalinga e quello di nonna.

Immagino che lei possa essere considerata l'archetipo della donna moderna. Come abbia fatto a dividersi tra il lavoro, la casa e la famiglia, tuttora per me rimane un mistero. Pare che non abbia mai mancato a un giorno di lavoro. Cuciva ore e ore alla Singer, quando la parola straordinari non era ancora stata concepita, e non si lamentava mai. Ringraziava il Signore ogni giorno per averle dato un lavoro, perché dopo che il marito era morto in guerra le sarebbe stato impossibile crescere tre figli solo con la sua pensione.

Nella sua casa, i mobili di legno scuro del salotto erano sempre lucidati a specchio, il letto rifatto senza una piega compromettente, i sottili vetri alle finestre splendevano. A mezzogiorno in punto il pranzo era sempre pronto, e alle otto di sera la cena era servita, sul lungo ovoidale tavolo di mogano del piccolo pulito soggiorno che sapeva di vecchie tende e biscotti di cannella.

Quando mio padre, zia Anita e zio Valter erano giovani, mia nonna non aveva mai fatto mancare loro un solo quaderno per la scuola, una sola matita. Diceva che studiare era importante e li avrebbe resi ricchi e felici, un giorno, per questo preferiva privarsi di un vestito nuovo o di un paio di guanti ma assicurarsi che i suoi figli avessero tutto il necessario.

Zia Anita frequentò una scuola di suore e divenne infermiera. Lavora a Perugia da venticinque anni, e viene a trovarci molto di rado. Zio Valter studiò all'università per diventare chimico industriale, e a ventinove anni era capo del dipartimento di una azienda di ricerca sulla gomma. Sposò una collega, Rachele, il cui vero nome è Raissa, scappata dalla Russia comunista, e vissero insieme fino alla morte di mio zio in un incidente stradale all'inizio degli anni Novanta. Rachele preferì lasciare l'Italia e tornare a Pietroburgo, dove lavorò fino alla pensione per poi godersi la vita di vedova.

Mio padre era il minore dei tre fratelli, e quando arrivò il suo turno dovette frequentare le scuole serali, perché i soldi cominciavano a mancare e di giorno doveva lavorare in una ditta metalmeccanica. Poco dopo aver incontrato mia madre riuscì a entrare in una banca, dove lavora ancora adesso. È un impiegato inguaribilmente ingenuo al punto da farsi scavalcare da decine di colleghi più giovani che ora occupano posizioni più in alto di lui e lo comandano a bacchetta.

Per anni ho adorato mio padre. Tornava a casa alle cinque precise ogni giorno, e mi dedicava tutto il suo tempo. Mi portava alle giostre, al parco, a fare passeggiate al lago. Aveva molti interessi, dalla pittura ad acquarelli alle civiltà antiche, e sapeva sempre qualcosa più di me. In terza elementare presi il voto più alto della classe grazie a una ricerca sulla Roma degli imperatori che mio padre mi aveva aiutato a preparare. Mi aveva prestato alcuni dei suoi libri e mi aveva consigliato di ritagliarne alcune figure e incollarle sul quaderno, arricchendo così il testo della ricerca. Credo che in quell'occasione lui si sia divertito molto più di me.

Luna CrescenteМесто, где живут истории. Откройте их для себя