Capitolo 5

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La mattinata a scuola passò velocemente. Justin e Miley non c’erano. C’era solo Ryan che quando mancavano i due faceva il leccaculo. Dopo scuola Ariana mi chiamò. Saremmo andate in palestra.

  «Allora mi vieni a prendere fuori al parco? Per favore.» Mi chiese,
  «Va bene.» Risposi. Mi avrebbe fatto bene un bel pomeriggio in palestra e frequentare un corso per autodifesa. Preparai il borsone, ed entrai in macchina. Con mio padre? Ancora nessuna parola.
  Accesi il motore e arrivai fuori al parco. Ariana aveva i capelli raccolti in una coda stretta e alta. Indossava una tuta nera e delle converse. Bussai con il clacson per farmi notare.
   Lei mi vide e agitò la mano.
  «Ciao!» Urlò sorridendo.
Sforzai un sorriso.
  «Hey, come va?» Entrò nell’auto.
  «Bene, sei pronta a fare a botte?»

Ero caduta al tappeto per la decima volta. Il coach mi urlò nuovamente: “Concentrazione!” ed mio mi alzai, sistemandomi la coda.
  «Pensa ad un tuo nemico, ammazza di botte il tuo avversario!»
Io guardai il ragazzo di fronte a me, strinsi il paradenti con la bocca e mi aggiustai i guanti. “Ok, pensa ad un nemico.” Chiusi gli occhi e quando li riaprii l’immagine di Miley e Justin mi scoppiò nel cervello. Incominciai a dare pugni e calci, nel modo in cui il coach aveva spiegato, sentivo che sto andando bene. Sentivo il fuoco dentro le vene. “Sei una puttana!” L’eco delle loro voci nella mia mente mi diede ancora più forza. Miley, Ryan e Justin. La mia rovina. Pensavo e ripensavo e quell’immagine nel cervello non andava via.
  «Brava, bravissima!» Mi incitò l’allenatore. «Continua così.»
Il mio avversario andrò al tappeto. Ed io avevo vinto.

   «Sei stata grandiosa!» Ariana negli spogliatoi mi sorrise, mentre si asciugava la schiena nuda seduta sul lavello dell’enorme bagno.
  «Mmh.. grazie.» Indossai l’intimo dopo aver asciugato i capelli e misi il jeans e la maglia e aspettai Ariana.
  «E’ un tipo forte tuo padre.» Mormorai, rimettendo a posto nel borsone. La sentii sorridere.
  «Sì. Ha iniziato a insegnarmi l’autodifesa da quando ero piccola. Mi disse: “La vita è imprevedibile. E tu devi essere pronta a tutto.”» Ariana parlava così fieramente di suo padre.
  «Che cosa carina.» Dissi, sforzando un sorriso.
   «Sel..» Ariana attirò la mia attenzione. «Qual è il tuo problema? Perché ti odi? Dovresti vivere la vita serenamente.» Disse, come se avesse visto in me qualcosa di incomprensibile.. Eppure mi sembrava di non aver mai detto ad alta voce i miei pensieri. Ero brava a nascondere qualsiasi cosa. Deglutii e la guardai.
  «Io non vivo, sopravvivo.» Sputai a denti stretti. Tutto quello che avevo dentro era rabbia. Verso di me e gli altri.
  «Perché?» Chiese.
 «E’ una storia lunga che non sto a raccontarti.»
Avevo intenzione di avere un buon rapporto con lei, ma non sapevo se mi sarei potuta fidare. Qui tutti deludono tutti. Qui tutti fanno del male.
  «Okay.» Sembrò non offendersi, si alzò dal lavello e prese il borsone. «Mi accompagni a casa?»
Annuii ed uscii dallo spogliatoio. Fuori ad aspettarmi c’era.. “oddio come si chiamava?”  il mio ‘avversario’.
  «Posso parlati un momento?» Mi chiese, guardai Ariana.
  «Okay ti aspetto in macchina.» Disse lei, facendomi l’occhiolino.
   «Probabilmente non ricordi nemmeno il mio nome..» Farfugliò il ragazzo dagli occhi verdi e i capelli scuri. “esatto.” Pensai.
  «Perspicace.» Scherzai, lui rise.
  «Ma vorrei chiederti di uscire. Quando sei libera?»

   Ero ritornata a casa, ero sfinita.
Avevo accettato l’appuntamento di Robert. Ci avevamo scambiato anche i numeri. Ed una volta in macchina, Ariana mi aveva fatto il terzo grado. Lei sembrava così cortese e sincera. Mi era piaciuto passare del tempo con lei. Era la prima volta che avevo un’amica femmina.. o meglio che avevo un’amica.

 Mio padre era seduto sul divano e guardava un canale anonimo.
  «Ciao.» Sussurrai quasi, non mi aveva rivolto la parola da quando eravamo venuti dalla cena da Sarah. E mi mancava, tanto.
  «Ci sono problemi?» Chiese. Io scostai la testa. «Bene. Allora vai in camera tua e non disturbare.» Era freddo, sin dentro al cuore. Era profondamente deluso e stava a me risaldare il tutto.
  «Oh andiamo! Papà!» Esclamai, lui tolse lo sguardo dal televisore e mi guardò. «Parlami!»
  «Non ho niente da dirti.. a differenza tua io le cose le dico, non le nascondo.» Disse. Sembrava un bambino in piena crisi.
  «Te l’avrei detto..» Mentii. Quando avrei voluto dirgli la verità, dire: “Hey papà ma è tutto finto.. è per far felice la madre di Justin! E’ una messa in scena!.” Ma non mi avrebbe creduto.
  «Ah sì?» Si alzò dal divano e mi venne contro. «Quante altre cose mi nascondi?» Chiese.
  «Papà io non ti nascondo un bel niente!» Urlai quasi e, giuro, stavo per mettermi a piangere. O meglio. Stavo già piangendo.
  Lui sbuffò e abbassò lo sguardo.
  «Non piangere ti prego..» Questa volta il suo tono di voce era più dolce. «In fondo avrei dovuto aspettarmelo.. hai 17 anni.. sei grande ormai.. per un ragazzo.. e per il mondo.»
  «Sì certo.» Sussurrai quasi a me stessa, singhiozzando. Io non ero pronta per un bel niente. Mi sentivo fragile e inutile.
  «Vieni qui.» Mi prese e mi strinse a se, in quell’abbraccio potei sentire il suo perdono, il suo bene e il suo tutto nei miei confronti.
  «Perdonata?» Sussurrai, mentre singhiozzavo ancora.
  «Perdonata.» Rispose e mi baciò il capo.

Il ragazzo che aspettavo.Where stories live. Discover now