Capitolo 1

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 Il sole entrò dalla finestra della mia camera, svegliandomi prima ancora che la sveglia suonasse, con quel fascio di luce che mi arrivò dritto negli occhi. Mi alzai e andai in bagno, intenzionata a lavarmi e ad andare a scuola. Cercavo di sopravvivere senza piangere, anche se era praticamente impossibile, visto che non andavo d’accordo quasi con nessuno.. e c’era chi non mi faceva ‘stare bene’. Mi lavai e mi vestii con il primo jeans e la prima felpa che trovai nell’armadio.
Scesi le scale e feci colazione.
  «Buongiorno papà.» Gli baciai la guancia, mentre aspettavo che il mio caffèlatte fosse pronto. Vivevo sola con lui da quando mia madre era scappata via con l’amante, precisamente 13 anni fa, io avevo 4 anni quando lei si creò un'altra famiglia, con un altro uomo.. mio padre provò più volte a rintracciarla ma niente.. non volle sentir parlare di me.. e sinceramente nemmeno io di lei.
  L’ultima frase che disse fu: “Eric Gomez, non cercarmi mai più.”
   «Buona giornata tesoro.» Mi disse porgendomi la tazza,
la presi e andai a scuola. Entrai in macchina, accesi il motore e mi avviai. Ringraziavo mentalmente ogni giorno a mio padre, per avermi iscritta all’auto scuola, appena compii 17 anni, mesi fa feci l’esame definitivo e appena fui promossa, mio padre assieme a mia zia mi regalarono una macchina di seconda mano, non male.

Arrivai a scuola, e come ogni mattina, cercai di evitare “quel gruppo”. Ma ovviamente.. io non passavo mai inosservata ai loro occhi.
  «Uh, guardate chi c’è!» Esclamò una ragazza, la ragazza del come dire.. il capo gruppo? Si chiamava Miley, l’aveva data praticamente a tutta la scuola.. ogni sua relazione era durata si e no 1 minuto, giusto il tempo di una sveltina nei bagni della palestra. Adesso però sembra che questa relazione duri.. forse perché stava con un puttaniere come lei. Il suo ragazzo si chiamava Justin.. Justin Bieber. Era un diavolo, con una faccia d’angelo. Cercai di far finta di non aver sentito la sua esclamazione e quindi di entrare a scuola ma purtroppo.. il dolore dei miei capelli tirati mi fece venire il mal di testa e mi fece capire soprattutto che la troia mi aveva raggiunta.
  «Quando io ti chiamo devi venire, ok?» Disse Miley a denti stretti.
Avevo paura, ovviamente. Erano in 3.. io ero sola, ovviamente. Ma il mio carattere ereditato.. da mia madre? mio padre? mi faceva rispondere ogni volta. Ed era per quello che poi mi prendevano a botte, perché rispondevo sempre e non riuscivo a stare zitta alle loro provocazioni, insulti e offese. Ma era più forte di me.
  «Non sono un cane o una troietta come te!» Esclamai, buttandomi i capelli all’indietro facendo sì che se li avesse voluto afferrarli di nuovo si sarebbe dovuta esporre di più, ma in questo modo io l’avrei potuta spingere. Ebbene sì, la mia giornata scolastica la passavo nel cercare i modi per evitare loro, evitare le loro botte, evitare le loro parole contro le mie.
  «Non ti azzardare mai più!» Sentii la guancia pizzicare a causa del violento schiaffo, cercai di ricambiare ma Justin mi prese le braccia e me le bloccò dietro la schiena, mentre Miley ripetutamente mi prese a cazzotti sullo stomaco, in quel momento mi sentivo un sacco da box.
Ryan il 3° del gruppo si godeva la scena, riprendendo con il cellulare. Come ogni volta. Justin mi lasciò andare, facendomi ricadere a terra come un mucchio di spazzatura. Miley mi diede un ultimo schiaffo e Ryan mi rise per ultimo in faccia. Mi alzai sentendo la morte dentro. Mi faceva male da morire lo stomaco, mi faceva male tutto dentro e quello che mi faceva ancora più male era la strafottenza della gente, loro mi guardavano, provavano pena per me ma non si azzardavano ad avvicinarsi. Come biasimarli però.. avrebbero picchiato anche loro sennò. Mi rimisi in sesto entrando in classe.
  Le prime tre lezioni passano veloci, alla quarta arrivai in ritardo a causa di Miley che mi aveva chiuso a chiave nel bagno. Ed ovviamente oltre alla sua risata da papera in calore dovetti sopportare anche il rimprovero del prof:
  «Gomez! Non uscirai più in bagno nella mia ora!» Mi urlò, mentre uscii in corridoio e andai all’armadietto intenzionata a posare i libri e ad andare a casa. “No!” Justin era proprio lì, appoggiato su di esso, le braccia incrociate al petto. Aspettava me. Era da solo però, quindi mi avvicinai. Decisi di prenderlo con le buone, non si sa mai.. ogni diavolo dentro di sé hanno qualcosa di buono.
  «Per favore, puoi spostarti dal mio armadietto?» Chiesi guardando in basso. Le mie converse non erano mai state così interessanti.
  «Non fare la leccaculo con me, Sel.» Sbottò lui.
  «Ma si può sapere cosa volete da me?» Chiesi, lui non rispose ma mi sorrise beffardo. Mi tirò i capelli all’indietro e avvicinò le sue labbra al mio orecchio.
  «Mi piace farti del male.» Sussurrò sorridendo nuovamente per un secondo, per poi ritornare serio serissimo. «Però dobbiamo parlare.» Mi congedò così, andando via. Lasciandomi con la curiosità che fa male più di quella tirata di capelli. “Dobbiamo parlare.”
Quella frase aveva così tanto potere, quella frase mi fece scavare nel cervello per ore, tentando di capire e di studiare ogni mia mossa passata “Cos’ho fatto? Di cosa vuole parlare?” Pensai, mentre entrai in macchina e mi incamminai verso casa.

Il ragazzo che aspettavo.Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang