•Capitolo 64•

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— "Habits", Tove Lo

Quando avevo visto Andrew entrare dalla porta della stanza d'ospedale nella quale c'ero io, intubata e inerte e i miei genitori, il respiro mi era venuto a meno. Riuscire a vederli ed essere consapevole di non potere fare niente era stata una tortura. Quando Andrew era scoppiato a piangere tra le loro braccia, mi era venuto un groppo in gola insostenibile e mi ero voltata, correndo fuori dalla stanza d'ospedale. Passando attraverso gli infermieri e alle persone che c'erano, avevo gridato disperata. Poi, mi ero bloccata di colpo quando in sala d'attesa avevo notato chi c'era.

Ero ancora lì tuttora, incapace di andare via.

Savannah stava dormendo, le ciglia umide e l'espressione tormentata. Aveva la testa appoggiata sulle gambe di Jase, i capelli scuri le ricadevo giù fino al pavimento e si trovava distesa, le gambe su quelle di Laurel. Stava fissando il vuoto, rigida come un tronco e l'aria insofferente. Accanto a lei c'era Sarah, la quale stava dormendo con le braccia conserte e la testa appoggiata al muro alle sue spalle. Per qualche ragione quell'immagine mi fece sorridere. Sembravano delle guardie del corpo. Anche se Sarah dormiva. Quando intercettai Jebediah accanto ad Albert, sussultai. Ricordai il bacio che avevo visto tra lui e mia madre, chiedendomi cosa diavolo mi fossi persa. Il mio amico d'infanzia aveva i gomiti sulle ginocchia e le mani tra i capelli. Quando vidi arrivare anche mia sorella, insieme a Raegan ed Eliot fui investita dal sollievo e dalla tristezza contemporaneamente. Avrei tanto voluto abbracciarli.

"Tra quanto si sveglierà?" Chiese Maddy, l'aria innocente.

"Vorrei tanto saperlo anch'io, piccola." Mormorai, avvicinandomi a loro. Per qualche ragione vederla con il nipotino di Andrew mi provocò una forte stretta al petto.

Erano senza alcun dubbio i bambini che preferivo in assoluto.

Allungai una mano per accarezzare mia sorella sulla testa e sospirai quando mi ricordai che non potevo.

"Grazie, Eliot." Mormorai commossa, chinandomi al suo fianco.

Teneva il broncio, i capelli neri spettinati. Eliot era il bambino più coraggioso che avessi mai avuto l'occasione di conoscere. Grazie a lui eravamo quasi riusciti a scappare.

Intercettai anche Roy, in piedi con la schiena appoggiata al muro, in un angolo e gli occhi chiusi. Notai anche che Laurel lo stava fissando.

"Non lo so, piccola." Raegan si sforzò di mantenere la voce salda. Prese lei ed Eliot e li strinse forte a sé, gli occhi azzurri che brillavano a causa delle lacrime non versate. Inspirò a fondo.

"Io ho provato a proteggerla." Sussurrò Eliot in tono insofferente, rivolto a Maddy. "Mi dispiace molto, Maddison." Contrasse la mascella, proprio come faceva suo zio.

"Non è colpa tua." Mormorammo io e Maddy all'unisono.

"Mamma mi ha spiegato che l'uomo che vi aveva presi era...Molto cattivo." Confessò sottovoce. "E so che era il tuo papà e tu non meriti un papà come lui."

"Nessuno lo merita." Ribatté Eliot, corrugando la fronte con durezza. "Ma la mamma mi ha spiegato che le cose peggiori accadono alle persone più forti, perché la maggior parte delle persone non sarebbero in grado di sopportarle."

Le sue parole mi lasciarono interdetta e lo stesso fu per mia sorella.
Non riuscivo proprio a smettere di stupirmi per l'intelligenza di Eliot.

"Se vuoi il mio papà può essere anche il tuo." Gli sorrise Maddy, prendendo a torturarsi la gonna piena di paillettes che indossava.

The bad boy's loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora