•Capitolo 43•

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Quel giorno mi sentivo particolarmente fiacca e il mio pessimo umore non migliorò durante il trascorrere delle ore. Fortunatamente non avevo ancora visto Andrew e speravo proprio di non vederlo. Ce l'avevo con lui e con più o meno il mondo intero. Come se questo non bastasse, Finn mi aveva ignorata per tutte le ore che avevamo avuto in comune. Non si era neanche seduto accanto a me, ma nell'ultima fila. E lui non si sedeva mai nell'ultima fila. Voleva sempre ascoltare, quindi la gravità della situazione era notevole. Avevo cercato di avvicinarmi per ben due volte, ma lui dopo avermi fulminata con lo sguardo, si era messo a spiegare degli esercizi a una cheerleader. E alla fine delle lezioni lo avevo raggiunto verso l'uscita della classe, ma aveva aumentato il passo scomparendo in corridoio.
Al momento stavo oltrepassando gli scalini fuori dall'edificio scolastico, chiedendomi cosa avessi fatto di male per meritarmi questo. Quando venni sorpassata da Andrew, il cuore mi salì in gola e mi ritrovai a fissarlo. Nonostante fossi arrabbiata con lui. La vita sapeva essere davvero ingiusta. E anche il destino. Possibile che dovessi incrociarlo in continuazione?
Quando sollevai lo sguardo e notai una ragazza con le braccia conserte, accostata al cofano di una Range Rover nuova di zecca che stava fissando entrambi come se volesse azzannarci mi accigliai. Strinsi gli occhi per vederci meglio. La ragazza era bellissima, la versione femminile di Andrew. I capelli neri e lucidi erano sciolti in morbide onde che le ricadevano oltre le spalle, fino ai gomiti. Si trattava di Reagan. Vedere lei mi provocò tutt'altro tipo di stretta al cuore. Mi misi a correre, superando Andrew e una volta di fronte a lei notai la sua espressione farsi più rilassata. Mi sorrise.

"Ciao, bellezza!" Mi strinse in un forte abbraccio caldo, di cui avevo un disperato bisogno."Sono dovuta venire a prenderti a scuola per scambiare due chiacchiere con te visto che ti ostini a non rispondermi al cellulare."

Mi allontanai, a disagio."Scusami, hai ragione." Avevo completamente dimenticato di risponderle ultimamente. All'inizio l'avevo fatto di proposito, ma poi avrei davvero voluto scambiare con lei qualche parola.

Il suo sguardo, all'improvviso intercettò qualcosa alle mie spalle. Immaginai si trattasse del fratello. Gli occhi stretti a fessura, sospirò pesantemente."Arrivo subito." Staccandosi dalla vettura, mi indicò l'auto alle sue spalle."Arrivo subito, aspettami in macchina."

Aggrottai la fronte."In realtà, io dovrei tornare.."

"Nessuna scusa figlia mia!" Mi riprese, lanciandomi le chiavi della macchina."Io e te dobbiamo scambiare due chiacchiere."

Le presi al volo, confusa.

"Hai la patente?" Mi domandò lanciandomi un'occhiata da dietro la spalla. Il sole le illuminava gli occhi di ghiaccio.

Incerta, annuii. Ce l'avevo, ma non guidavo da un bel po'.

Reagan mi rivolse un ampio sorriso."Allora oggi guiderai tu." Quando si diresse verso Andrew, notai che stava zoppicando. Non appoggiava il piede destro. Mi accigliai.

Per errore il mio sguardo cadde su Andrew, il quale mi stava già osservando in lontananza, l'espressione imperscrutabile. Il cuore prese a battermi molto più veloce contro il petto. Con il fiato corto, mi voltai dall'altra parte, decisa a porre fine a quello scambio di sguardi. Dovevo smetterla di farlo, di guardarlo, di pensarlo in continuazione e di essere tanto masochista. Entrai in macchina, nel posto del guidatore e una volta che mi fui chiusa lo sportello alle spalle, lasciai la borsa nel sedile accanto e infilai la chiave nel cruscotto, senza però mettere in moto.

Chiusi gli occhi, inspirando a fondo."Sono proprio sfigata." Borbottai tra me e me, mettendocela tutta per non aprirli e tentare di capire di cosa quei due stessero parlando. Lottai contro me stessa fino all'ultimo secondo, ma quando li aprii, Reagan stava già tornando qui. Aveva l'aria turbata, le labbra serrate e continuava a mangiucchiassi le unghie. Indossava un semplice paio di jeans attillati è una maglietta, ma era comunque di una bellezza infinita. Era da un po' di tempo che la conoscevo ormai, eppure non riuscivo ancora a non stupirmi del fatto che in quella famiglia avessero dei geni impossibili. Tre su tre era una vera impresa. Ma i fratelli Sullivan erano uno più splendido dell'altro. Sfortunatamente per me.

The bad boy's loveWhere stories live. Discover now