•Capitolo 42•

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"Aspetta un momento." Finn interruppe l'ennesima spiegazione di Laurel, portandola a rabbuiarsi. "Quindi, io dovrei spiare una clinica psichiatrica dall'interno di un furgoncino, raggirando la privacy di poveri pazzi?"

Il suo riassunto fu piuttosto divertente, infatti sia io che Laurel ci scambiammo un'occhiata divertita. In effetti suonava ridicolo.
Eravamo venuti qui, un bar non troppo lontano da casa mia piuttosto carino, per discutere di questa nuova prossima missione. Laurel mi aveva già mostrato il distintivo dell'uomo per il quale stava lavorando. Quando ero andata in bagno, però avevo dato una sbirciatina su internet per esserne sicura. Tra l'altro, per poco non mi cadeva il cellulare nel water. Un conto era finire in infermeria, un altro in prigione. Avevo scoperto che quest'uomo esisteva sul serio, faceva il detective e aveva due figli. Pregavo che lavorasse davvero per lui.

"Esatto." Rispose infine Laurel, stringendosi nelle esili spalle mentre beveva un sorso del tè che aveva ordinato. "Pensi di poterlo fare?"

Io avevo preso un succo di frutta, ma lo avevo già finito. Avevo troppa sete. E avevo finito anche di mangiare ben sei pasticcini al cioccolato. La rabbia mi faceva venire appetito.

"Non lo so.." Finn mandò giù l'ultimo sorso del suo caffè, distogliendo lo sguardo dal mio per puntarlo al di fuori della finestra al suo fianco.

Non era obbligato a farlo. E nemmeno io a dire il vero, ma ormai glielo avevo promesso e poi, glielo dovevo.

"Posso pagarti." Aggiunse Laurel in modo pratico, studiando la sua reazione.

Finn si accigliò. "Non è questo il punto."

"Hai paura." Constatò Laurel, in tono astuto. "È comprensibile, non mi conosci, tutto quello di cui sto parlando lo hai sentito nominare soltanto nei film..."

Finn rise, sarcastico e appoggiò un braccio nel divanetto alle nostre spalle. La sua mano sfiorava la mia spalla adesso. "Pensi davvero che mi lasci influenzare tanto facilmente?"

Mi irrigidii. Per qualche ragione il suo gesto disinvolto mi lasciò interdetta. E lasciò interdetta anche Laurel. Per qualche strana ragione ero felice che Finn si facesse valere. Non potevo essere stata torturata da un idiota per anni. Finn non era affatto un idiota. E non perché fosse un genio a scuola. Lo stava dimostrando. Era sveglio e sensibile. Ed ero grata di averlo vicino in momenti come questi.

"Un osso duro, eh?" Laurel mi rivolse un'occhiata sorpresa. "D'accordo..." Si spostò sul divanetto di fronte a noi, a disagio. "Mi farai sapere tramite Kimberly quale sarà la tua decisione."

"Tu lo farai?" Mi chiese Finn, con un lampo di disapprovazione negli occhi scuri. "Sul serio?"

Annuii, imbarazzata. "Sì, Finn." Mormorai, sicura della mia decisione.

"Perché? Per lui?" Storse le labbra con disprezzo. "Per questa sua sorella che neanche conosci?"

Mi dispiaceva che non approvasse, ma glielo avevo promesso. E poi Dakota non centrava niente con il comportamento che stava avendo Andrew. Inoltre, era la sorella di Reagan. E Reagan era mia amica.

"No, non per lui." Deglutii, pregando che fosse vero. Non riuscivo a capirmi nemmeno io ultimamente. "Devo molto a Laurel, capisci?"

Finn scosse il capo. Sembrava quasi arrabbiato per la decisione che avevo preso. "Io dovrei stare in un furgone e farei in tempo a scappare, ma tu? Tu no, Kimberly." Mi fece notare, lo sguardo preoccupato.

"Non andiamo a rapinare mica una banca.." Si intromise Laurel, roteando gli occhi al cielo. "E poi so bene quello che faccio."

Lui la fulminò con lo sguardo. "Conosco le persone come te, ti credi più furba di tutti quanti, ma sono proprio le persone che lo pensano ad essere le prime ad essere fregate." Prese il suo zaino da terra e mi chiese di spostarmi, in modo che potesse uscire. Mi accigliai, confusa. Feci come mi chiedeva, ma quando si diresse verso l'uscita gli corsi dietro. Spalancò la porta, chiaramente nervoso e le campanelle tintinnarono. La tenni aperta e lo seguii fuori.

The bad boy's loveWhere stories live. Discover now